Lei era a fare shopping, lui in carcere. Ma la donna voleva essere sicura dell'acquisto, e per questo videochiama il marito che in cella aveva un telefono di ultima generazione con il quale non solo comunicava con la moglie che chiedeva consigli su cosa comprare, ma parlava con i suoi affiliati.
Sta facendo shopping e, per non sbagliare, fa una videochiamata al compagno detenuto che, malgrado fosse in carcere ha a disposizione un Iphone attraverso il quale puo' fargli vedere la merce che sta per acquistare. Non solo, durante la video chiamata, entrambi chiedono un parere a un altro detenuto. Hanno intercettato anche questo gli inquirenti della Procura Antimafia partenopea nel corso delle indagini che oggi hanno portato all'arresto di 32 persone ritenute appartenenti al gruppo camorristico napoletano "abbasc Miano" (35 le misure cautelari emesse dal gip di Napoli su richiesta della DDA).
E' quanto emerge dall'inchiesta che questa mattina ha portato in carcere 31 persone e del quartiere di Miano a Napoli. Gli interlocutori sono Maria Trambarulo, nipote di Gennaro Trambarulo, ritenuto elemento di spicco dell'Alleanza di Secondigliano e il suo compagno, il boss del clan Lo Russo, detto dei Capitoni Salvatore Silvestri, detenuto nel carcere di Terni. Il capoclan usa il cellulare per impartire ordini, come quando chiede alle nuove leve di non fargli mancare il sostentamento economico, di tenersi in contatto con la famiglia, ma anche per stringere alleanze con il boss della cosiddetta 'paranza dei bambini', Pasquale Sibillo, che e' detenuto nello stesso carcere.
Gli interlocutori sono Maria Trambarulo (nipote di Gennaro Trambarulo, ritenuto elemento di spicco dell'Alleanza di Secondigliano) e il suo compagno, il boss del clan Lo Russo, detto "dei Capitoni" Salvatore Silvestri, detenuto nel carcere di Terni.
Ma il boss Salvatore Silvestri, emerge dall'attivita' instigativa della Dia e dei carabinieri (Nucleo Investigativo e compagnia Vomero) di Napoli, non era il solo ad avere a disposizione il telefono in cella, tra i detenuti del clan ristretti nel capoluogo partenopeo (tra le carceri di Secondigliano e Poggioreale), ma cio' avveniva anche in altre strutture detentive dello Stivale.
Il boss usa il cellulare per impartire ordini (come quando chiede alle nuove leve di non fargli mancare il sostentamento economico), per tenersi in contatto con la famiglia, ma anche per stringere amicizia e progettare affari, ovviamente illeciti, con il baby boss della "paranza dei bambini", Pasquale Sibillo, che e' detenuto nello stesso carcere.
Gli investigatori hanno focalizzato l'attenzione sulle "giovani leve" del clan che, dopo gli arresti e i pentimenti di esponenti di vertice del clan Lo Russo, hanno assunto il controllo della zona. Controllo garantito "anche dai solidi legami con affiliati detenuti - si legge nella nota - da cui, nonostante lo stato di detenzione, hanno continuato a ricevere consigli e direttive grazie ai contatti mantenuti dai familiari he hanno consentito ai reclusi di partecipare alla vita del clan impartendo direttive sulle attivita' illecite da compiere". Dal carcere i detenuti, grazie al ruolo dei familiari che portano loro telefoni e smartphone, interloquiscono con gli affiliati liberi. Le strutture da cui il flusso di contatti e' maggiore sono quelle napoletane di Secondigliano e Poggioreale, ma anche Terni e Lecce.