Usa: pena di morte? Presentato da Nixon un progetto per il ripristino della condanna capitale
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STORIA Usa: pena di morte? Presentato da Nixon un progetto per il ripristino della condanna capitale 15/03/1973 

Il presidente Nixon ha oggi presentato al Congresso un progetto di legge per il ripristino della pena di morte, abolita dalla Corte Costituzionale lo scorso giugno. Il ripristino sarebbe limitato a certi casi di alto tradimento, sabotaggio e spionaggio, e a quei casi di rapimento e dirottamento che portassero a perdite di vite umane.

Il Presidente ha anche chiesto pene detentive dai 5 anni all'ergastolo per gli spacciatori di droga. In un duro «messaggio sullo stato dell'Unione» ha affermato: «L'unico modo di attaccare il crimine in America è quello con cui il crimine attacca gli americani: senza pietà». Secondo Nixon, nella motivazione della sentenza della Corte Costituzionale a giugno («la pena dì morte in America è insolita e crudele») è contenuta una riserva. «Esistono casi in cui, obiettivamente, la pena di morte non è ne arbitraria né casuale. Propongo perciò che i tribunali, dopo aver emesso la condanna, tengano un'udienza per stabilire se vi siano o no circostanze aggravanti». Se ve ne fossero (ad esempio, in un caso di spionaggio, «il pericolo grave» per la sicurezza nazionale) la pena di morte diverrebbe obbligatoria. «Non sostengo che la condanna capitale sia la panacea dei reati — ha concluso Nixon — ma senza dubbio è un deterrente efficace».

Nixon ha giustificato la severità delle pene detentive per gli spacciatori di droga con le funeste conseguenze che il vizio ha sulla gioventù americana. «Dieci anni per chi spaccia quattro once di eroina o morfina non sono troppi. Questa quantità è in fatti sufficiente a 180 tossicomani per tutta una giornata, Il suo valore sul mercato è di 15 mila dollari».

Il presidente ha detto che opporrà il veto alla legalizzazione della marijuana, se verranno compiuti tentativi in tale senso. Egli ha aggiunto che imporrà anche rigidi controlli sull'«infermiità mentale», perché scusante troppo comoda. I massimi studiosi di diritto americano hanno accolto il progetto di legge negativamente, li giurista James Voronberg, dell'Università di Harvard, lo ha definito «spettacolare ma di dubbia efficacia». Ne ha messo anche in dubbio la costituzionalità, «Altre sono le strade da seguire per rafforzare il nostro sistema giudiziario» ha concluso.

Ma a Washington il ministero della Giustizia s'è detto certo che la Corte Costituzionale approverà il progetto, dopo il Congresso, «per sei voti a tre». Lo scorso giugno, essa ha abolito la pena di morte per cinque voti a quattro. L'iniziativa del presidente Nixon non è inattesa né in contrasto con la sua filosofia di governo. Rappresenta anzi il ritorno al tema familiare della sua campagna elettorale del 1968, quello della legalità e dell'ordine. Tradisce però due matrici allarmanti, una politica, per cui i reati contro la sicurezza dello Stato vengono messi in primo piano, in maniera non dissimile da quella dei tristi anni del maccartismo, e una culturale, per cui alla violenza si risponde con la violenza. Non è fortuito che Nixon nel suo messaggio abbia denunciato «la società permissiva e i giudici molli». L'iniziativa è anche in carattere con la strategia seguita del Presidente per la riforma della Corte Costituzionale. In America, è la Casa Bianca che ne nomina i nove giudici. Ereditata da Kennedy e Johnson una corte progressista, Nixon, tra dimissioni e decessi, è riuscito a sostituirvi una corte profondamente conservatrice.

Come il professor Vorenberg ha osservato, il presidente Nixon ha ignorato gli altri mezzi a sua disposizione: la lotta contro la corruzione nella polizia, lo snellimento delle prassi legali, la proibizione dell'uso delle armi da fuoco, e, più alla base, cambiamenti radicali nell'istruzione, nell'assistenza sociale e così via. Ma in questo quadro, il punto più allarmante è l'ultimo. Il progetto legge di Nixon rispecchia fedelmente l'umore del Paese. Più m metà degli Stati dell'Unione sono intenzionati ad un ripristino, almeno limitato, della pena di morte. Nello Stato di New York, il governatore Rockefeller ha parlato di condanna capitale «per i membri della delinquenza organizzata che trafficano in droghe», e nel Nevada il governatore O'Callaghan ne ha parlato «per gli uccisori dei poliziotti e dei secondini». Lo scorso giugno, v'erano 631 condannati a morte nelle carceri americane, in 32 Stati diversi.

La Stampa 15 marzo 1973


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