Giornata di terrore e di sangue nelle carceri di Reggio Calabria. In fin di vita lo stesso carcerato, 22 anni, e un ispettore di polizia - Il giovane ha tenuto per diverse ore sotto la minaccia di una pistola un sottufficiale, due agenti di custodia, l'ispettore di P. S., due dipendenti della prigione e un civile - Chiedeva in cambio la scarcerazione - Ha aperto il fuoco all'improvviso - Colpito nel conflitto con i carabinieri.
Giornata di terrore e di sangue nelle carceri di Reggio Calabria. Un giovane detenuto armato di pistola ha tenuto in ostaggio per diverse ore prima un sottufficiale e due agenti di custodia e successivamente un ispettore distrettuale di P. S., due dipendenti dell'istituto di pena ed un altro civile. Chiedeva in cambio la sua scarcerazione. Il bilancio è di otto feriti di cui due gravissimi.
La vicenda ha avuto il suo tragico epilogo intorno alle 17,30 quando il ribelle ha fatto fuoco improvvisamente contro gli ostaggi. E' seguita una sparatoria con le forze dell'ordine. Alla fine, raggiunto al torace, alla schiena ed agli arti superiori da alcuni proiettili, il detenuto si è accasciato. Tuttavia, nonostante la gravità delle ferite riportate, ha trovato ancora la forza di sostenere successivamente una colluttazione con un commissario di P. S. e un sottufficiale.
Il detenuto, Giuseppe Albanese, 22 anni, da Pellaro (Reggio Calabria), versa in gravi condizioni, cosi come pure l'ispettore distrettuale dott. Alfonso Saia, il primo ostaggio sul quale il folle ha fatto fuoco. Ferite guaribili tra i dieci ed i venticinque giorni hanno riportato un funzionario, un sottufficiale, un graduato, una guardia di P. S., un dipendente dell'amministrazione delle carceri ed un brigadiere dei carabinieri.
Sulla vicenda la magistratura ha già aperto un'inchiesta per stabilire come il detenuto possa essere entrato in possesso di una pistola. Ecco la cronaca dei fatti. Alle 8,30 di stamane, un agente di custodia entra nella cella dove si trova l'Albanese insieme con altri detenuti. Tutte le mattine i carcerati sono soggetti a perquisizione. L'agente si avvicina al giovane per eseguire questa operazione abituale ma questi, improvvisamente, estrae la pistola dicendo: « Portami nell'ufficio matricola, voglio parlare col maresciallo ». L'agente è costretto ad ubbidire. A quell'ora nell'ufficio matricola si trovano il brigadiere Pullìa ed un altro agente. Vengono messi tutti sotto sequestro dal folle, che chiede di poter parlare telefonicamente con il procuratore della Repubblica di Reggio, dott. Carlo Bellinvia. Appena riceve la telefonata, il magistrato raggiunge il carcere. Affluiscono intanto presso l'istituto di pena reparti di polizia e carabinieri. Giuseppe Albanese chiede al procuratore una macchina veloce a bordo della quale potersi allontanare con uno degli ostaggi. Arrivano anche altri magistrati ed hanno inizio febbrili consultazioni. Il folle non cede ai tentativi di persuasione. Accetta soltanto, verso le 13, una sostituzione degli ostaggi. Si offrono in cambio due dipendenti del carcere, i ragionieri Barcella e Costanzo, ed il geometra D'Agostino, quest'ultimo titolare di una ditta che sta eseguendo dei lavori all'interno del carcere. Giunge intanto da Messina anche l'ispettore distrettuale Alfonso Saia. Chiede di parlamentare, ma appena entra nell' ufficio matricola viene anch'egli messo sotto sequestro.
Scorrono intanto le ore. Nella stanza entrano altri magistrati, funzionari di polizia ed agenti. Regna una atmosfera gravida di tensione. I nervi saltano improvvisamente a Giuseppe Albanese che apre il fuoco all'impazzata. Cadono colpiti il dottor Saia, il geom. D'Agostino, si butta per terra il sostituto procuratore della Repubblica di Reggio dott. Giuseppe Tuccio; riesce a scappare, sfiorato dai proiettili, il dott. Guido Cento, procuratore generale della Repubblica di Catanzaro. Entrano in scena agenti, sottufficiali e militari dell'arma dei carabinieri. Giuseppe Albanese continua a sparare: cadono colpiti il brigadiere Martino Forgione, l'agente Salvatore Carrera, l'appuntato Mario Russo. Cade anche il detenuto, raggiunto da un proiettile alla schiena. Già ferito, non si dà per vinto ed inizia una violenta colluttazione con il commissario capo dott. Ennio Gaudio e con il maresciallo Gregorio Anello. A sirene spiegate partono le prime auto che trasportano i feriti in ospedale. Fino a tarda sera le condizioni di Giuseppe Albanese e del dottor Saia permangono gravissime. I sanitari si sono riservati la prognosi.
La Stampa 10 novembre 1972