TREVISO. Non ha la fine la scia di violenza e sangue che caratterizza ormai da molto tempo il mondo delle carceri. L’ultimo episodio, in ordine di tempo, è avvenuto ieri nel carcere di Treviso. Ne dà notizia Giovanni Vona, segretario nazionale per il Triveneto del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe: “Il detenuto, arci noto per questo tipo di comportamenti, durante il colloquio pomeridiano con i propri familiari, per motivi legati al diniego all'ingresso di medicinali portati dai familiari a lui destinati ma non autorizzati, ha dato una testata al poliziotto rompendogli il setto nasale e procurandogli una ferita contusa lacero al volto curata con diversi punti di sutura. Altri colleghi intervenuti hanno riportato contusioni e altro dichiarati guaribili da 5 a 15 gg di prognosi. Il detenuto assolutamente pluri recidivo a questo tipo di comportamento è di origine Guinea Equatoriale ma anche con cittadinanza italiana.
Ha un fine pena 2025 dentro per reati di lesioni, rapina danneggiamento ed altro, ed anche quando era ristretto nel carcere di Padova si è reso protagonista di gravi episodi tra le sbarre. E’ ora di dire basta!”.
Donato Capece, segretario generale del Sappe, esprime solidarietà e parole di apprezzamento per gli Agenti contusi e feriti a Treviso: “Ogni giorno giungono notizie di aggressioni a donne e uomini del Corpo in servizio negli Istituti penitenziari del Paese, sempre più contusi, feriti, umiliati e vittime di violenze da parte di una parte di popolazione detenuta che non ha alcuna remora a scagliarsi contro chi in carcere rappresenta lo Stato. Sono oggettivi i numeri riferiti alle colluttazioni ed ai ferimenti nelle carceri italiane, riferiti all’anno 2017: le colluttazioni sono state 7.446 ed i ferimenti 1.175. Ossia, statisticamente 20 colluttazioni e 3 ferimenti al giorno. Non fanno statistica ma sono reali le aggressioni verbali di quei detenuti che inveiscono, offendono e poi scagliano contro i poliziotti penitenziari le proprie feci, l’urina o la candeggina… E allora è mai possibile che nessuno, al Ministero della Giustizia e al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, abbia pensato di introdurre anche per la Polizia Penitenziaria ed i suoi appartenenti, per fronteggiare ed impedire aggressioni fisiche e selvagge, strumenti come quelli in uso a Polizia di Stato e Carabinieri, ossia pistola “taser” e spray al peperoncino?
Evidentemente le priorità erano e sono altre: come, ad esempio, consentire l’uso della sigaretta elettronica nelle celle o prevedere le “doccette” nei cortili passeggi per dare refrigerio ai detenuti durante i mesi estivi (dimenticandosi per altro, sistematicamente, l’adozione concreta di provvedimenti per il benessere del Personale di Polizia Penitenziaria, specie di quello che vive nelle Caserme…)”.
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