Trattativa Stato camorra: il caso Cirillo e le trattative nel carcere di Ascoli nel libro del Giudice Alemi
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MAFIA 41-BIS Trattativa Stato camorra: il caso Cirillo e le trattative nel carcere di Ascoli nel libro del Giudice Alemi 25/06/2018 

"Se lo Stato ha trattato una volta con la criminalità organizzata, come è accaduto per Ciro Cirillo, significa che può essere successo altre volte. E siccome nulla è veramente cambiato da allora, non possiamo escludere che accada di nuovo", dice Carlo Alemi, il magistrato che ha indagato sul rapimento e la successiva liberazione dell'allora potentissimo assessore regionale democristiano ai Lavori pubblici. Il 27 aprile del 1981, un commando delle 'brigate rosse' composto da cinque persone agli ordini di Giovanni Senzani, dopo aver ucciso l'agente di scorta Luigi Carbone e l'autista Mario Cancello, neutralizzò Cirillo per rinchiuderlo in una "prigione del popolo". Ma a differenza di quanto accaduto tre anni prima con Aldo Moro, il 24 luglio successivo, l'ostaggio fu rilasciato. "Le sentenze della Corte d'Appello e della Cassazione hanno sancito che ci fu una trattativa", sottolinea Alemi, all'epoca giudice istruttore, poi presidente del tribunale di Napoli, che ha scritto per Pironti un libro dal titolo inequivocabile: "Il caso Cirillo. La trattativa Stato-Br-camorra", che sarà presentato martedì alle 17 all'Istituto studi filosofici.

Perché ha aspettato 37 anni per raccontare la sua verità sul caso Cirillo, presidente Alemi?
"Mi sembrava doveroso lasciare la magistratura, prima. Non sono d'accordo con quei colleghi che scrivono libri quando ancora i procedimenti sono in corso. Ciò nonostante, non avrei mai scritto questo libro senza le insistenze di Luigi Necco (recentemente scomparso, ndr) un giornalista che aveva vissuto da cronista quegli anni, venendo anche ferito alle gambe dalla camorra. Necco mi aveva più volte invitato a raccogliere le mie memorie di quella vicenda e mi ha assistito nella scrittura".

Chi trattò per liberare Cirillo?
"Lo Stato. E non mi si venga a dire che quei soggetti non rappresentavano lo Stato: gli attori di questa vicenda erano ai vertici dell'amministrazione pubblica, dei servizi segreti, del ministero della Giustizia, del partito che aveva la maggioranza relativa in Parlamento".

Perché Moro fu ucciso, mentre Cirillo tornò a casa?
"Cirillo gestiva la ricostruzione post terremoto, dunque serviva vivo alla Dc. Nessuno, invece, voleva che Aldo Moro rimanesse in vita. Non il suo partito, non gli americani e neppure i socialisti, che a parole erano per la trattativa ma temevano il compromesso storico".

Il boss della camorra Raffaele Cutolo che ruolo ebbe?
"Quello di intermediario".

In cambio di cosa?
"Aveva ricevuto promesse ben precise: la liberazione anticipata o almeno la dichiarazione di infermità mentale e favori per i camorristi detenuti".

Il patto però non fu mantenuto.
"Innanzitutto perché il documento pubblicato dall'Unità, attribuito ai Servizi ma risultato falso, in cui si riferiva di una visita nel carcere di Ascoli Piceno di Francesco Patriarca, Antonio Gava e Vincenzo Scotti, fece saltare tutto. E poi perché al Quirinale c'era Sandro Pertini, un presidente di straordinaria autonomia e autorevolezza".

Molti attori di questa storia sono morti, come Gava e lo stesso Cirillo. Restano altri misteri insoluti?
"L'omicidio del dirigente della squadra mobile Antonio Ammaturo. È una bruttissima pagina per il nostro Paese. Basti pensare che, fra i documenti scomparsi durante le indagini, figura la relazione sul caso Cirillo che Ammaturo aveva trasmesso ai suoi superiori. Manca anche la copia che il commissario aveva consegnato al fratello, a sua volta vittima di uno strano incidente di caccia".

Cosa ha rappresentato per lei questa indagine?
"Un impegno difficilissimo, portato avanti nonostante una totale mancanza di collaborazione da parte di chi aveva indagato, di chi avrebbe dovuto testimoniare, e nell'isolamento dei colleghi, tranne uno: Raffaele Bertoni. Ho dedicato il libro a mia moglie, perché mi ha aiutato a proteggere la privacy e la serenità della mia famiglia. Al tempo stesso però ho ricevuto attestati di stima da parte di tante persone, alcune anche insospettabili".

Ad esempio?
"Mentre il Mattino diretto da Pasquale Nonno mi attaccava violentemente, mi arrivò la lettera di un brigatista: "Giudice - diceva - leggendo quello che scrivono, sono contento di essere stato arrestato da lei".

napoli.repubblica.it


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