Era la prima donna dirigente in una prigione maschile. Ha 26 anni ed è di Catania - Aveva vinto il concorso indetto dal ministero di Grazia e Giustizia - I settecento detenuti avevano fatto scommesse sulle sue doti - I motivi del provvedimento: in assenza del suo superiore, la giovane poteva essere sottoposta al Codice militare, un controsenso in un paese dove per le donne non esiste servizio di leva - Andrà a Roma.
I settecento detenuti del carcere dell'Ucciardone sono delusi: dopo neanche due mesi di permanenza a Palermo, la bella vicedirettrice della prigione, la dottoressa Angela Foramo, catenese di 26 anni, laureala in legge e vincitrice del concorso indetto dal ministero di Grazia e Giustizia, dovrà andarsene lunedi e cedere il posto ad un collega. Era la prima donna ad affrontare la carriere di dirigente in un carcere maschile.
La decisione e stata presa dal ministero di Grazia e Giustizia che ha richiamato a Roma, presso il « primo ufficio personale ». la bella i giovane che aveva portato un tocco di grazia nell'arido recinto carcerario.
L'insediamento della Faramo per il suo primo servizio in un carcere maschile anziché in uno riservato alle donne, in gennaio, come si suol dire, aveva « fatto notizia » dell'avvenimento si erano occupati tutti i giornali nazionali e diversi corrispondenti esteri. ' Quella bella ragazza che andava in giro per il carcere, cercando di non mettere troppo piede nei bracci dove sono rinchiusi i condannati a varie pene a guanto pare deve aver fatto girare la testa a più d'uno. Già prima che arrivasse, parecchi detenuti avevano cominciato a fare scommesse sulle sue doti: è bruna o bionda, è bella o brutta.
Non sembra tuttavia che siano accaduti episodi spiscevoli. Ma dopo un po' di tempo, lo stesso direttore dell'Ucciardone, dottor Puliati, a quanto pare ha trovato da ridire sull'opportunità di tenere nella prigione la ragazza sotto lo sguardo di uomini che vedono donne solo a distanza e attraverso le sbarre del parlatorio.
Ma queste sono supposizioni, o meglio indiscrezioni. In realtà, la motivazione che per vie traverse la direzione del carcere ha dato è un'altra: in assenza del dott. Puliati o dell'altro vicedirettore, il dottor Cesareo, sarebbe toccato alla dottoressa Faramo reggere l'Ucciardone. Poiché in alcuni casi il direttore d'un carcere è sottoposto al codice penale militare, sarebbe considerato un controsenso, in un Paese come il nostro, che non prevede il servizio militare delle donne, che una ragazza possa ritrovarsi davanti al tribunale militare. Quando la giovane donna aveva fatto il suo ingresso attraverso il pesante portone scorrevole della prigione aveva detto di essere « rimasta piacevolmente sorpresa del primo contatto con l'Ucciardone. Una volta dentro il portone — aveva aggiunto la ragazza catanese — mi sono sentita molto sollevata dalla impressione che a prima vista suscita il grigiore delle antichissime mura. In effetti, l'attuale direttore è un uomo di grande sensibilità ed ha cercato in ogni modo di realizzare migliori condizioni di vita nel carcere ».
La scelta della professione per Angela Faramo, come per tutte le donne siciliane, non è stata casuale. Suo padre, professore, insegnava elettrotecnica nel penitenziario di Vittoria ai detenuti, sperati do nella loro redenzione. Angela ha speranze identiche a quelle paterne. Al suo arrivo questa ragazza bella, vestita con semplicità ricercata, viso espressivo sotto un casco cotonato di capelli corvini, era stato chiesto: « E se i suoi ospiti, o dipendenti, si innamorassero di lei? ». Aveva risposto: « Non ci ho mai pensato, fino a questo momento, non credo di essere una bellezza folgorante. Comunque, anche se accadesse, forse gioverebbe alla mia missione ». Quando seppe d'aver vinto il concorso non aveva mai pensato ad entrare come dirigente in un carcere femminile, ma la designazione dell'Ucciardone tuttavia l'aveva lasciata perplessa per la fama che il carcere ha in campo nazionale: era però "curiosa di vederlo subito, come affascinata da qual nome concondato di un tetro alone di delinquenza".
Sperava dì portarvi una ventata nuova. « L'uomo siciliano — disse — è un essere complesso, ma rivela sempre il concetto dell'onore spagnolesco, specie nei riguardi di una donna: allora diventa capace di gesti generosi. Io penso di avere maggiori possibilità con quei detenuti che non un uomo ». Si era anche proposta di conoscere ad uno ad uno i suoi dipendenti per comprendere le loro esigenze, aiutarli. Per lei la professione è un impegno totale. Aveva anche precisato di non voler pubblicità sul suo incarico, di non voler essere trattata come una canzonettista, una diva. Ora invece è è tornala alla ribalta della cronaca con il suo trasferimento. Come reagirà? Accetterà naturalmente il nuovo incarico, come vuole la professione che ha scelto.
Partirà però con rimpianto. Quando si era trasferita da Catania a Palermo disse che l'unica cosa che le dispiaceva era lasciare la sua città natale. Ora dovrà lasciare la sua isola per il Continente. Ma la fede che ha nella sua missione non le verrà meno. Forse sarà ancora chiamata ad un incarico, tra qualche anno, simile a questo che deve abbandonare, ma per ora su questo punto non entra in particolari. Non vuole parlare, rilasciare dichiarazioni. E' probabile che la decisione del ministero non l'abbia colta di sorpresa, ma un po' di delusione nel suo cuore deve esserci.
La Stampa 28 febbraio 1971