Maria Teresa Trovato Mazza, da tutti conosciuta come Sissy, si trova in coma da poco più di due anni, da quando, il 1° novembre 2016, in circostanze ancora non del tutto chiarite, venne trovata priva di sensi, gravemente ferita da un colpo di arma da fuoco alla testa, in un ascensore dell’Ospedale civile di Venezia, dove si era recata per eseguire un controllo su una detenuta che aveva da poco partorito. Da allora è cominciata una lunga e dura battaglia per la vita tra operazioni e spostamenti, mentre i suoi familiari, denunciando silenzi e incongruenze nelle indagini, continuano a chiedere che venga fatta luce su quanto accaduto quel giorno.
Il ministro Bonafede incontrando, questo pomeriggio (ieri ndr) in via Arenula i familiari e l’avvocato dell’agente della Polizia Penitenziaria, in servizio presso la casa di reclusione femminile di Venezia Giudecca all’epoca dei fatti, ha assicurato, pur non intervenendo sul merito delle indagini e esprimendo fiducia nel lavoro della magistratura, vicinanza e disponibilità ad aprire un canale di dialogo e confronto. “Lo Stato non deve abbandonare chi lo ha servito e non deve avere paura di accertare tutta la verità, ne va della credibilità delle istituzioni”. Una vicinanza che è stata apprezzata da Salvatore Trovato Mazza, padre di Sissy, che ha ringraziato Bonafede per l’incontro e l’ascolto: “Finalmente sentiamo che lo Stato è presente e non rimane indifferente al nostro bisogno di giustizia e verità”. All’incontro hanno partecipato anche alcuni rappresentanti del “Comitato civico di Sissy - La Calabria è con te”, un’associazione che ha promosso una raccolta fondi per aiutare la famiglia della ragazza a sostenere il costo delle spese legali e delle perizie mediche.
Proprio pochi giorni fa la famiglia di Sissy, che si era opposta all’archiviazione del caso chiesta dal pm non credendo alla pista del tentato suicidio, ha ottenuto la riapertura delle indagini da parte del gip che ha disposto un supplemento di accertamenti in modo da cercare di chiarire gli aspetti ancora oscuri della vicenda. In particolare per l’avvocato Alessandra Pisa, che assiste i parenti della ragazza calabrese, ci sono alcune anomalie e vuoti nelle indagini, a cominciare dal mancato sequestro dell’ascensore che poco tempo dopo l’accaduto era già in servizio e dall’esame del dna mai eseguito. Ora si spera anche nell’acquisizione dei tabulati per avere informazioni in più sugli ultimi spostamenti della ragazza.
“Oltre alle condizioni di Sissy e al fatto di non sapere davvero cosa sia successo quel giorno, quello che ci addolora è il senso di abbandono che abbiamo provato. Noi non abbiamo una soluzione alternativa, chiediamo solo una risposta dalle istituzioni competenti, chiediamo la verità, qualunque essa sia. Chiediamo ai magistrati di lavorare in piena serenità indagando senza escludere a priori alcuna ipotesi, ma sicuramente Sissy non ha tentato il suicidio. Era troppo innamorata della sua vita e troppo orgogliosa della divisa che indossava”, così il padre e la sorella di Sissy hanno spiegato il senso della loro battaglia.
Il ministro Bonafede e il capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, Francesco Basentini, hanno infine assicurato massimo impegno per far sì che a Sissy e ai suoi familiari venga assicurato, tramite l’Ente di Assistenza per il Personale dell'Amministrazione Penitenziaria, quanto spetta loro dal punto di vista dell’aiuto finanziario, indispensabile per poter continuare a combattere questa battaglia alla ricerca di una piena verità.