Venezia – In una lettera al ‘Gazzettino’ l’ex direttrice del carcere della ‘Giudecca’ Gabriella Straffi racconta il suo incontro, del 30 settembre 2016, con Sissy Trovato Mazza, l’agente penitenziaria calabrese morta nelle settimane scorse, dopo due anni di coma, in circostanze che non sono state ancora chiarite in maniera definitiva.
“Comprendo lo strazio dei familiari di Maria Teresa Trovato Mazza, l’agente di Polizia Penitenziaria del carcere femminile della Giudecca, trovata esanime in un ascensore dell’ospedale civile di Venezia per un colpo di pistola sparato con l’arma che aveva in dotazione e morta il 12 gennaio scorso dopo più di due anni di coma. All’epoca ero la direttrice del Femminile. Il colloquio – Derogando al dovere di riserbo che mi ero imposta di tenere su questa vicenda tragica considero necessario – ben consapevole che una smentita è una notizia data due volte – segnalare ai lettori la falsità di talune affermazioni e virgolettati dell’articolo, a cominciare dai riferimenti a un colloquio urgente con l’agente Trovato Mazza mai avvenuto e a denunce della stessa mai prese in considerazione su porcherie che Sissy stava scoprendo e che la direttrice del carcere voleva tenere nascoste”.
Gabriella Straffi precisa “Un colloquio urgente che non avrei mai concesso? Falso. Proprio il 30 settembre del 2016 l’agente Trovato Mazza ebbe un lungo colloquio con me durante il quale parlò di dichiarazioni confidenziali raccolte da alcune detenute e che riguardavano esclusivamente un comportamento gravemente scorretto di un’agente nei confronti di una detenuta. Ricordo che quello stesso giorno e nei giorni successivi ascoltai, come risulta dalle annotazioni nel registro udienze, le detenute che la Trovato Mazza aveva indicato nelle dichiarazioni presentate. Dichiarazioni che inviai all’organo preposto a un eventuale avvio di procedimento disciplinare. Mai, in nessuna circostanza, né in quel frangente e neppure in passato; né per iscritto e nemmeno a voce, l’agente Trovato Mazza mi riferì di scambi di stupefacenti all’interno dell’Istituto. Aggiungo, sulle voci raccolte dal cronista presso una detenuta, di droga introdotta in carcere attraverso le lenzuola e tovaglie lavate per conto di strutture veneziane, che presso la lavanderia era sempre presente un’agente con il compito esclusivo di ispezionare tutta la biancheria proprio per accertare che non entrassero ad esempio posate o altri oggetti potenzialmente pericolosi e, naturalmente, per evitare il passaggio di sostanze stupefacenti, facilmente occultabili. A questo scopo venivano eseguite perquisizioni periodiche anche con l’ausilio di cani antidroga. Non solo”.
L’ex direttrice del carcere veneziano prosegue “Le detenute tossicodipendenti, soprattutto quelle che lavoravano in lavanderia e che per questa ragione disponevano di una maggiore libertà di movimento interna rispetto alle altre, venivano sottoposte assiduamente a esami tossicologici, e va da sé che l’esito positivo avrebbe comportato punizioni disciplinari severe e la sospensione o cessazione dell’attività trattamentale e lavorativa. In ogni caso, nel periodo incriminato, perquisizioni e accertamenti, diretti a verificare la presenza di sostanze stupefacenti, hanno dato esito negativo. Quanto alle voci – anch’esse veicolate dal cronista e capaci, me ne rendo conto, di eccitare la fantasia di alcuni lettori – di festini a base di sesso, si è trattato in realtà di una bottiglia di vino e due lattine di birra consumati da due agenti insieme a più detenute. Si badi che il fatto risale al 2014. Le agenti penitenziarie e il portinaio coinvolti sono stati puniti in via disciplinare. Nell’occasione, non fu l’agente Trovato Mazza a compiere la segnalazione. Non vedo poi l’accostamento tra la pena patteggiata nel 2011 dal sanitario dell’Istituto per molestia sessuale e i fatti indicati nell’articolo. Non replico a virgolettati come tutti sanno cosa succede alla Giudecca, e la direttrice… ce l’aveva con mia figlia perché stava portando a galla cose che lei aveva nascosto”.
A parere di Gabriella Straffi si tratta di “Affermazioni false e diffamatorie, non c’è altro da dire. Un’altra falsità da contrastare, infine, è che sia stato trattenuto in carcere il pc dell’agente Trovato Mazza: pc che noi non abbiamo mai visto. È nell’interesse, credo, di tutti – sicuramente del personale che ha lavorato e lavora al Femminile, nel mio interesse di direttrice dell’Istituto all’epoca dei fatti e, ritengo, della credibilità dell’amministrazione per la quale ho servito per decenni – che la Magistratura giunga a un rapido chiarimento.
Quanto detto e scritto sabato scorso (si riferisce ad un articolo de Il Gazzettino, ndr) penalizza ingiustamente l’impegno intenso che il personale della Polizia Penitenziaria, insieme agli operatori del trattamento, al personale amministrativo e sanitario e ai tanti volontari, ha profuso e profonde tutti i santi giorni con onestà e trasparenza – come faceva Sissy Trovato Mazza. Con tristezza profonda”.
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