Si farà a Genova il processo per la rivolta di Alessandria
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STORIA Si farà a Genova il processo per la rivolta di Alessandria 23/11/1974 

Si farà a Genova il processo per la rivolta di Alessandria. Due magistrati sono parte lesa, per cui è stato necessario trovare un'altra sede giudiziaria - L'avvocato Musio Sale ha denunciato per omicidio colposo il procuratore generale della Repubblica di Torino. Sarà un magistrato genovese a condurre l'istruttoria sulla strage del 9-10 maggio scorso, nelle carceri di Alessandria (cinque ostaggi uccisi da tre detenuti in rivolta, due dei quali poi abbattuti dalle forze dell'ordine). Spetterà poi ai giudici della corte d'assise di Genova processare i due imputati, Everardo Levrero, 28 anni, di Genova, unico supestite dei tre ribelli, e Gioachino La Duca, 46 anni, siciliano, uno dei due detenuti-studenti che, si disse, era stato il primo a dare l'allarme dell'inizio della rivolta; l'avviso di reato della procura generale della Repubblica di Torino — che aveva avocato, in un primo tempo, l'istruttoria sulla strage — dice, invece, che La Duca era d'accordo con i tre ribelli. Col suo comportamento, sarebbe riuscito a far catturare due agenti di custodia, il brigadiere Gennaro Cantiello e l'appuntato Sebastiano Gaeta, uccisi dai rivoltosi. Levrero dovrà difendersi dall'accusa di concorso in omicidio plurimo, tentativo di evasione, sequestro di persona, detenzione d'arma. La Suprema Corte ha deciso di trasmettere il voluminoso fascicolo nel capoluogo ligure (dove non è ancora giunto), in riferimento all'articolo del codice di procedura penale che parla di «remissione di procedimenti riguardanti i magistrati». Tra le parti lese per reati minori, figurano infatti i magistrati di Torino e Alessandria. Si è appreso frattanto che l'avvocato genovese Nino Musio Sale ha denunciato per omicidio colposo, qualche tempo dopo la rivolta, il procuratore generale di Torino Reviglio della Veneria. «Dando l'ordine di attaccare — dice fra l'altro l'avvocato genovese — ha agito con imprudenza e imperizia, provocando l'uccisione degli ostaggi da parte dei ribelli». La sanguinosa rivolta scoppiò verso le dieci del 9 maggio, nei locali dell'infermeria e della scuola della prigione. Cesare Concu, 36 anni, in carcere per uxoricidio, Domenico Di Bona, 38 anni, detenuto per omicidio a scopo di rapina e Everardo Levrero, 28 anni, che stava scontando una condanna per rapina, armati di pistola e coltello, bloccano alcuni insegnanti della scuola carceraria e il medico del penitenziario Roberto Gandolfi. Un'ora dopo riescono anche a sequestrare l'assistente sociale Graziella Vassallo Giarola. L'accusa sostiene, fra l'altro, che le guardie Cantiello e Gaeta si trovavano fra gli ostaggi, grazie ad un trucco messo in atto da La Duca, il detenuto-studente: il brigadiere e l'appuntato erano accorsi alle grida del giovane il quale urlava che stava per scoppiare una rivolta. I ribelli chiedono un pulmino per fuggire e minacciano di uccidere un ostaggio (tengono prigionieri anche alcuni reclusi che non partecipano alla rivolta) ogni ora, a partire dalle cinque del 10 maggio, se non vengono accontentati. Dopo alcune trattative, nel tardo pomeriggio del 9, viene deciso di attaccare i ribelli. Ma purtroppo l'operazione si conclude tragicamente: rimane ucciso il dottor Gandolfi e viene ferito gravemente il professor Luigi Campi che morirà dopo alcuni giorni. Nuove trattative, i ribelli insistono nella richiesta del pulmino e infine, nel pomeriggio del 10, definitivo disperato attacco: muoiono i detenuti Di Bona e Concu, l'assistente sociale Graziella Vassallo, il brigadiere Cantiello e l'appuntato Gaeta. Il Levrero viene catturato.

La Stampa, 23 novembre 1974


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