Sessanta ore di carcere la settimana e per uno stipendio di 200.000 lire
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STORIA Sessanta ore di carcere la settimana e per uno stipendio di 200.000 lire 18/07/1975 

Dicono gli agenti di custodia della casa di reclusione: “Da ieri a mezzogiorno gli scapoli che solitamente mangiano alla mensa, rifiutano il cibo. Certo non diciamo che facciamo lo sciopero della fame: noi siamo militarizzati non vogliamo finire nel carcere di Peschiera. Ufficialmente non tocchiamo cibo perché lo stomaco non ce lo consente”. Dicono l'ispettore ministeriale delle carceri per il Piemonte e la Liguria dott. De Mari e il colonnello Raffa che comanda gli agenti di custodia della regione piemontese: “Scriva che non si è trattato di una manifestazione collettiva di protesta”. De Mari aggiunge: “Certo, dobbiamo ammetterlo: i motivi di malcontento ci sono, e ben motivati. Siamo venuti qui, il colonnello ed io, per rendercene conto. Ora abbiamo dato le nostre assicurazioni, tutto si è tranquillizzato”.

C'è stata una lunga riunione, nella casa di reclusione, nel pomeriggio, tra le due autorità giunte da Torino e le guardie. Stasera, alla mensa, tutti hanno mangiato, si vedono in giro visi più distesi. Le cause della protesta. Prima di tutto l'organico è scarso, assolutamente insufficiente. Per questo casa di pena, che in una struttura molto dispersiva ospita duecento detenuti, sarebbero prescritte 120 guardie carcerarie. Ce ne sono una ottantina.

Nel maggio dello scorso anno la ben nota tragica rivolta di tre detenuti si concluse con la morte di sette persone: due carcerati, una assistente sociale, un insegnante, un medico, un brigadiere e una guardia. Quattro altri agenti furono messi fuori servizio: uno è andato in pensione, 3 sono ancora in convalescenza. Bene, c'era da supporre che venissero rimpiazzati; non solo non sono stati sostituiti quelli, ma nemmeno altri tredici che se ne sono andati per trasferimento o per pensionamento. “E' assurdo pretendere che si possa andare avanti in queste condizioni - dice uno degli agenti di un gruppetto che incontro clandestinamente in un bar della periferia -. Qui non esiste più un rapporto di lavoro, esiste una schiavitù alla quale noi dobbiamo sottostare. Si fanno otto ore di servizio al giorno se tutto va bene, ma spesso diventano 60 alla settimana. Dovremmo avere diritto a un giorno di riposo ogni sette giorni, quasi nessuno riesce a farlo, a volte si sta tre mesi senza avere questo giorno di interruzione”. Spiegano che i servizi da espletare sono molti e bisogna fare le acrobazie per riuscire a coprirli tutti. Ci si riesce perché anziché far fare sulle otto ore giornaliere solo due ore di sentinella sul muro, da qualche tempo se ne fanno fare quattro. “Siamo in ottanta, ma almeno quaranta sono imboscati nei vari incarichi speciali: matricola, segreteria, posta, conti correnti, ecc. Quelli che sono sempre sotto il peso dei servizi di guardia, a contatto con i detenuti, siamo in una quarantina, i soliti”.

Si lamentano anche della mensa (ci mangiano una cinquantina, gli scapoli) perché i cibi sono scarsi, cattivi, mal cucinati. E delle strutture della caserma: servizi inefficienti o insufficienti, tanto che per fare una doccia bisogna prenotarsi giorni prima. La paga non è certo abbondante: un giovane di primo servizio guadagna al mese 200 mila lire scarse che rimangono 150 quando ha pagato la mensa. Un appuntato con venti anni di servizio, moglie e tre figli, percepisce, compresi gli assegni familiari, 300 mila lire. Fino all'anno scorso venivano pagati gli straordinari a chi faceva ore in più di lavoro, ma la misura era ridicola: 80 lire all'ora. Gli straordinari sono stati soppressi e sostituiti, a partire dal 1° aprile scorso, da una indennità di presenza di 1300 lire al giorno. Ma nessuno, qui ad Alessandria, ha ancora visto uno di questi soldi. Di tutto questo si è parlato oggi nell'incontro tra i superiori e gli agenti. Alla fine l'ispettore dottor De Mari mi ha illustrato quali sono state le sue assicurazioni: “Ho dato atto che la caserma è indecente e necessita di una ristrutturazione la cui pratica è già avviata: aspettiamo il parere del Consiglio di Stato e la registrazione alla Corte dei conti. Tra qualche mese gli agenti potranno fare il bagno quando lo vorranno. Per l'organico, contiamo di far salire, nel giro di due anni i 14 mila genti di custodia che prestano servizio in tutta Italia, a 19 mila, prelevando 1500 unità ausiliarie dalle reclute di leva, altri 100 con i richiami in servizio e 2500 con nuove assunzioni (questo progetto di legge deve essere ancora approvato dalla Camera). Significherà che ad Alessandria potremo assegnare 16 nuove guardie”. L'ispettore ha anche affermato che a giorni saranno distribuite le indennità di presenza, denari che sono già arrivati e sono giacenti in cassa. Ancora una assicurazione: il cuoco e il direttore della mensa saranno sostituiti: fungeranno da direttori, a turno, gli stessi agenti. Dice una guardia: “Perché, in Italia, per riuscire a ottenere cose sacrosante, bisogna fare lo sciopero della fame?”. Un altro ribatte: “Diciamo che per ora abbiamo ottenuto le promesse delle cose sacrosante”.

La Stampa 18 luglio 1975


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