Con il rigetto del ricorso da parte dei giudici della Suprema Corte si è chiusa nei giorni scorsi la vicenda giudiziaria scaturita dalla tragica scomparsa del 23enne Daniele Samperisi. Resta confermata dunque la sentenza pronunciata dai giudici della Corte d'Appello di Catania, che hanno condannato per omicidio colposo Salvatore Saraceno a 2 anni, con sospensione della pena subordinata al pagamento della provvisionale. Confermata anche la percentuale di concorso di colpa attribuita all'imputato, il 70%, ed alla vittima, il 30%. Una sentenza poi impugnata con ricorso per Cassazione da Luca Landolina, difensore di fiducia di Saraceno.
Una vittoria amara per il legale della famiglia Samperisi, Enzo Iofrida. “Sono soddisfatto per l'esito del processo, che mi vede vincente. Ma come comprenderete è una vittoria strana, di quelle che certamente non ti invogliano a festeggiare – commenta l'avvocato Iofrida - Perché quando un uomo viene condannato perché un giovane ha perso la vita, hai vinto il processo, ma non hai nulla da festeggiare. Mi auguro solo che questa vicenda serva da monito a qualcuno e faccia comprendere – conclude - che la distrazione alla guida, dalla più banale alla più colpevole, può causare anche la morte, soprattutto dei centauri che per ovvie ragioni sono più esposti”.
IL TRAGICO INCIDENTE
Ancora poche centinaia di metri e Daniele Samperisi, il 19 luglio del 2012, avrebbe raggiunto la scuola di Polizia Penitenziaria dove a breve avrebbe concluso il percorso per diventare agente. Ma quel maledetto giorno il 23enne giarrese, che viaggiava a bordo della propria moto, trova sulla propria strada un'automobile che esce contromano da una piazzola. L'impatto, inevitabile, è violentissimo. Il giovane viene trasportato in ambulanza all'ospedale Garibaldi di Catania. Le sue condizioni appaiono sin da subito disperate. Viene sottoposto ad un delicato intervento chirurgico. Ma le lesioni riportate sono troppo gravi. Morirà otto giorni dopo nel reparto di Rianimazione. Nonostante la giovanissima età, Daniele Samperisi aveva deciso già tre anni prima, iscrivendosi alla banca dati dell'Aido, di donare i propri organi in caso di decesso. Così è stato. Cuore, reni, fegato e pancreas hanno contribuito a salvare la vita di quattro persone.
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