Con una sentenza depositata lo scorso 24 settembre, le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno avuto modo di chiarire il proprio orientamento in merito alla sussistenza di un unico reato o di una pluralità di reati di resistenza a pubblico ufficiale nel caso in cui la condotta violenta o minacciosa sia utilizzata per opporsi a diversi pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio.
La risposta fornita a tale questione, per la precisione, è nel senso della pluralità di reati: e difatti dalla pronuncia in commento si ricava che “in tema di resistenza a un pubblico ufficiale ex art. 337 cod. pen., integra concorso formale di reati, a norma dell’art. 81, primo comma, cod. pen., la condotta di chi usa violenza o minaccia per opporsi a più pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico servizio mentre compiono un atto del loro ufficio o servizio”.
Oggetto di contestazione nel caso in esame, in verità, era la continuazione tra più reati ex art. 337 cod. pen., per essersi l’imputato violentemente opposto a due distinti agenti di polizia nell’esercizio delle proprie funzioni, minacciandoli di morte, strattonandoli e tentando di prenderli a pugni.
Il giudice dell’appello, nel confermare la condanna di primo grado, si era peraltro premurato di specificare come la continuazione non fosse da ricollegarsi alla sussistenza di una pluralità di condotte delittuose, quanto piuttosto alla pluralità di pubblici ufficiali nei cui confronti il reato era stato perpetrato.
A seguito di ricorso per cassazione dell’imputato la Sesta sezione penale della Corte, assegnataria del procedimento, rilevava l’esistenza di un consapevole contrasto nella giurisprudenza di legittimità, inerente proprio alla riscontrabilità di un unico reato o, di contro, di una pluralità di reati (in concorso formale) nei casi in cui la condotta di resistenza a pubblico ufficiale fosse rivolta nei confronti di una pluralità di soggetti passivi.
Con riferimento a tale contrasto si rintracciavano due principali orientamenti in seno alla Corte di legittimità, i quali sono giunti a soluzioni contrapposte argomentando sulla base di una differente individuazione del bene giuridico tutelato dall’art. 337 cod. pen.
Secondo la prima tesi, il delitto in esame risulterebbe offensivo di ogni singolo pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio nei cui confronti la violenza o minaccia è esercitata al fine di ostacolare l’esercizio del suo ufficio o servizio.
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