Sequestrati nell'alloggio nove pistole, un mitra e bombe confezionate con tritolo e pezzi di ferro - Trovati anche pacchi di "bollettini" sui sequestri Sossi e Amerio e sull'incursione al Centro Sturzo - Arrestati due giovani, altri quattro rintracciati a Mondovì sono sotto inchiesta - Le indagini sono state condotte dalla squadra politica in collaborazione con il nuovo Ispettorato contro il terrorismo La polizia ha scoperto una base delle « Brigate rosse », forse il loro quartier generale a Torino. Sono state trovate pistole, un mitra, bombe micidiali e i piani per scatenare disordini alle «Nuove ». La prigione sarebbe dovuta « esplodere ». In che modo? Una rivolta cruenta, con sequestro delle guardie, attentati, incendi? La trama equivoca del terrorismo politico prevedeva questa nuova fase dell'attacco al cuore dello Stato? Nel covo venuto alla luce, pieno di documenti, stipato di armi e munizioni, non mancavano neppure parecchie granate, « shrapnels » di confezione artigianale, ma estremamente micidiali. « Fatti per uccidere », dicono gli inquirenti. Finora le « Brigate rosse » non avevano sparso sangue; questi ordigni rivelano nuovi sanguinosi propositi, un radicale cambiamento di stile? O costituiscono un'altra conferma del sospetto che le piste rosse si confondono con le trame nere, di chi le bombe le usa davvero, in una trama ormai inestricabile? Sono tutte domande ohe attendono risposta. Una risposta che potrebbe essere vicina. Le indagini, condotte dagli uomini de.l'ufficio politico in collaborazione con l'ispettorato Antiterrorismo recentemente istituito e affidato all'ex questore torinese dott. Santino, sono coperte dal massimo riserbo. Le « novità » sui brigatisti, dopo alcune settimane di silenzio, sono due: la scoperta del quartiergenerale torinese per l'organizzazione eversiva, dopo che a fine maggio si accertò che l'« ardito » Maurizio Ferrari aveva comprato nell'ottobre '73 un alloggio in via Fea 5 bis; l'arresto di un uomo per « associazione sovversiva » e detenzione di armi. Non si escludono colpi di scena nelle prossime ore. Un'altra persona è stata fermata a Mondovl eaccomptgnata a Torino con altri tre amici, questi ultimi in posizione non ancora ben definita. Il secondo « covo » delle «Brigate rosse ». Non si sa dove sia, stando ai si dice, l'ubicazione sarebbe nella popolarissima zona Vanchiglia, in un edificio di nuova costruzione, al terzo plano, due camere più servizi. Il condizionale è d'obbligo, in mancanza di dati più precisi. Come ci è arrivata la squadra politica della Questura? Fare per la via più diretta, mettendo a frutto alcuni elementi e contraddizioni emersi dall'interrogatorio del personaggio numero uno delle «Brigate rosse », 11 « colonnello » Ferrari, arrestato alla fine di maggio a Firenze. La sua cattura portò alla scoperta del rifugio di via Fea. In seguito fu rinchiuso nelle carceri di Cuneo, in isolamento, accusato di aver preso parte al sequestro del sindacalista della Clsnal, Labate, e indiziato dei rapimenti del dirigente della Fiat, Amerio, e del giudice Sossl. Addosso, gli erano state trovate numerose chiavi: forse il primo indizio da cui hanno preso le mosse gli inquirenti. Una settimana fa i magistrati Caselli e Caccia fanno ricondurre il Ferrari alle «Nuove». Ricominciano gli interrogatori, su « fatti nuovi e consistenti ». Lunedi viene scoperto il rifugio numero due, in zona Vanchiglia. Non sembra soltanto una « base » di passaggio, né un ricovero temporaneo per membri dell'organizzazione braccati dalla polizia, benché vi si trovi una grossa quantità di cibo in scatola e brandirle eguali a quelle che arredavano l'altro rifugio, quello in via Fea. Si trova ben altro, che lascia indovinare una nuova pista, perseguita senza indugio. L'edificio è guardato a vista, giorno e notte, discretamente, senza dare nell'occhio. Finalmente la notte scorsa, il colpo di fortuna. Arriva un giovane barbuto, capelli folti e lunghi. Entra nell'alloggio, guardandosi attorno. Gli agenti fanno buona guardia, gli lasciano aprire la porta dell'appartamento, poi intervengono a bloccarlo. Lo sconosciuto si ribella, ingaggia una colluttazione. Alla fine cede. Chi è? Sembra che abbia dichiarato false generalità, anche il nome scritto sul documento che mostra alla polizia non sarebbe il suo. Qualcuno giura di averlo già notato durante qualche manifestazione di piazza a Torino: « Ma potremmo sbagliarci, per noi è uno di fuori, comunque ». Gli inquirenti non rivelano se è giunto al « rifugio » in auto, o a piedi. Il « covo » è stato perquisito a fondo ieri mattina. Due camerette disadorne, un cucinino senza frigorifero, né fornello per la cucina. Una abitazione, non c'è dubbio, un po' insolita. Mancano anche letti regolari, sostituiti da brandine, identiche — secondo la polizia — a quelle rinvenute nel rifugio di via Fea e molto simili a quelle del « carcere del popolo » dove rimase a lungo per il « processo » il dirigente industriale Amerio. Le « Brigate rosse » avrebbero affittato l'alloggio un anno fa, nel periodo luglio-agosto. Quindi alcuni mesi prima che il Ferrari acquistasse per circa 6 milioni l'appartamento di via Fea. Che sia stata una centrale operativa appare fuori di dubbio, per vari elementi. Primo le armi. Si è detto delle micidiali granate, ma c'erano anche nove pistole (una da guerra), un mitra con il calcio tagliato, parecchie munizioni. Assieme al piano per la sommossa alle « Nuove » sono stati trovati diversi documenti, rubati o falsificati. Si parla anche di una lista di nomi, sui quali sono in corso accertamenti. L'aggancio, inequivocabile, con l'attività delle «Brigate» è dimostrato infine dalla presenza nell'alloggio di pacchi di volantini ciclostilati: il comunicato numero 1 sul caso Sossi, tutti e quattro i comunicati sul rapimento Amerio, quelli diffusi dopo l'irruzione nella sede del Centro Don Sturzo a Torino e nei locali dell'organizzazione di Sogno a Milano. C'era un ciclostile nella casa? Non è stato trovato, ma ne testimonierebbero la presenza macchie tipiche d'inchiostro per duplicatori contro un muro e per terra. Inoltre i vicini affermano di aver udito spesso il tipico rumore dell'apparecchio in azione. Non mancavano come s'è detto nemmeno scorte di cibarie in scatola, coperte di tipo militare, caratteristica degli accampamenti di fortuna e di emergenza. Il «rifugio» è tuttora sotto controllo stretto, per ordine della magistratura. Il sostituto dott. Caccia, terminato l'interrogatorio dello sconosciuto accusato di appartenenza a bande sovversive, alle 15,30 si è precipitato alle «Nuove» per risentire il Ferrari. Pare che l'ultimo arrestato abbia fornito nuovi elementi idonei a riempire alcuni « vuoti » nel racconto del « colonnello ». Mentre il giudice era in carcere, è scoppiata la protesta dei detenuti di cui riferiamo a parte. Un primo accenno di messa in opera del « piano » di rivolta dei brigatisti? Non si sa ancora nulla dei fermati di Mondovl (alcuni pare abitanti a Fossano). L'inchiesta continua a ritmo serrato, si attendono di minuto in minuto sviluppi clamorosi.
La Stampa 5 luglio 1974