Le guardie chiedono l'aumento degli organici e la diminuzione dell'orario di lavoro. Secondo fonti ufficiali, gli agenti di custodia del carcere di San Vittore che hanno cominciato lo sciopero del rancio ieri sarebbero pochi, ma la direzione dell'istituto non nega che siano i portavoce di un malessere diffuso tra tutto il personale. Il motivo, secondo il direttore delle prigioni, Amedeo Savoia, è unico: l'esiguità del personale. Di qui derivano tutti gli inconvenienti che sono lamentati dalle guardie: i pesantissimi turni, il salto dei riposi e delle ferie.
Gli agenti non parlano volentieri della loro agitazione. Ognuno ammette di sapere che c'è stata, ma nega di avervi partecipato. Non dimenticano che qualche anno fa, quando ci fu una protesta perché gli alloggi del personale erano in uno stato penoso, i provvedimenti disciplinari furono particolarmente severi e portarono al trasferimento di numerosi agenti, soprattutto giovani, che si erano esposti in maniera particolare.
In questi giorni, il problema più evidente è quello delle licenze, che comunque è strettamente legato a quello degli stipendi. Il guadagno medio di un giovane agente è di poco superiore alle 150.000 lire mensili, ma obiettano gli agenti, si lavora con orari da forzati, talvolta anche 24 ore al giorno. Il ministero di Grazia e giustizia aveva istituito dei premi di rafferma di 800.000 lire, per convincere i giovani a restare nel corpo ma, e questa è una delle lamentele maggiori, questi soldi non sono mai stati pagati.
Tempo fa le guardie carcerarie avevano addirittura avanzato il progetto di una loro smilitarizzazione che, se non altro, avrebbe dato loro il diritto al pagamento delle prestazioni straordinarie. Poi questa rivendicazione, almeno per il momento, è stata accantonata e nel carcere di San Vittore ora gli obiettivi sono molto immediati, anche se non per questo più facili da raggiungere.
L'organico previsto è di 450 guardie, ma attualmente ve ne sono in forza solo 280. Nel periodo estivo, la situazione diventa ancor più drammatica a causa delle ferie. “Molto spesso montiamo di servigio per nove ore consecutive, ma talvolta si arriva a 24”, si lamenta il personale. “Per mangiare - aggiungono - disponiamo soltanto di mezz'ora, perché, appena finito, dobbiamo correre a dare il cambio ai colleghi, per consentire loro di andare a mensa”.
La Stampa 7 settembre 1975