Gli episodi di violenza, secondo un rapporto dei carabinieri, sarebbero partiti dagli imputati - Gli avvocati del collegio di difesa denunciano in un comunicato "l'ingiustificata violenza delle forze dell'ordine" - Un telegramma di protesta al ministro di Grazia e Giustizia.
Sanguinosi incidenti nel corso della quarta udienza del processo a carico di cinquanta detenuti, che il 30 e 31 luglio organizzarono la rivolta nelle carceri giudiziarie di San Donato, a Pescara: tredici carabinieri e diciannove detenuti, imputati, sono rimasti feriti. L'episodio di violenza è avvenuto subito dopo la lettura, da parte del presidente, dott. Viscione, dell'ordinanza con la quale si respingevano quasi tutte le eccezioni sollevate dal collegio di difesa. L'avv. Rocco Ventre, uno degli appartenenti al « Collegio nazionale di difesa» (composto essenzialmente da avvocati di sinistra di diversi Fori della Penisola), chiedeva allora al dott. Viscione di tenere delle sedute al mattino e al pomeriggio. Il presidente faceva presente che ciò non era possibile poiché gli imputati avevano diritto di consumare i pasti e occorrevano oltre due ore per ogni trasferimento dal carcere al tribunale e viceversa.
Dal gruppo dei detenuti si levava una protesta, tanto da costringere il dott. Viscione ad ordinare di rimettere i ferri ai detenuti e di fare sgomberare immediatamente il corridoio che ospita il processo, in mancanza di aule sufficientemente capienti. Viscione dichiarava inoltre la sospensione della seduta e l'aggiornava alle ore 9 di domattina. A questo punto la reazione dei cinquanta detenuti, che cominciavano a gridare « fascisti ». Carabinieri e agenti di pubblica sicurezza allontanavano in fretta i giornalisti e il pubblico.
Cosa sia avvenuto in aula nel momento in cui si stavano rimettendo i ferri ai polsi dei detenuti non siamo in grado di dirlo. Vi sono due versioni: quella delle forze dell'ordine afferma che le violenze sono partite da due detenuti e che episodi di violenza si sarebbero verificati anche fra i vari gruppi di imputati, tanto che alcuni avrebbero chiesto protezione agli stessi carabinieri.
Un detenuto avrebbe tenta to di tagliarsi i polsi con una lametta, un altro ha mandato in frantumi una vetrata ferendo un compagno I carabinieri, che hanno inviato nella stessa serata un rapporto sui fatti all'autorità giudiziaria, hanno fatto presente, anche se in via del tutto ufficiosa, che 27 detenuti si sono astenuti dal partecipare alla manifestazione. A tarda sera, il « Collegio nazionale di difesa » ha emesso il seguente comunicato stampa: « i sottoscritti avvocati, componenti il collegio nazionale di difesa degli imputati per la protesta nelle carceri di Pescara del 31 luglio 1973, ritengono loro perentorio dovere, civico e professionale, di denunziare all'opinione pubblica, alle competenti autorità e in particolare al ministro di Grazia e Giustizia il gravissimo episodio accaduto oggi 20 settembre, alle ore 13 circa, nel tribunale di Pescara dove, per la prima volta, un'aula di giustizia è stata bagnata dal sangue di cittadini imputati a causa dell'ingiustificata violenza delle forze dell'ordine nei loro confronti. Denunciano altresì che l'episodio è tanto più grave perché si è svolto alla presenza del magistrato del pubblico ministero, cui competeva il controllo sul comportamento delle forze dell'ordine, il quale, pur invitato da alcuni difensori, ha ritenuto di non intervenire. « Possono testimoniare alcuni dei sottoscritti che, sgomberata bruscamente l'aula dai rappresentanti della stampa, dal pubblico e da una parte di avvocati, gli imputati, già ammanettati, solo perché protestavano verbalmente contro l'ingiustizia della loro situazione, venivano brutalmente percossi, taluni a sangue, taluni al punto da perdere i sensi; tale violenza è proseguita persino dopo che alcuni di loro erano caduti a terra. L'incivile comportamento proseguiva addirittura sulle scale del palazzo di giustizia dove un detenuto, senza motivo, veniva colpito da tergo alla nuca, riportando una ferita di evidente gravità ». « L'episodio di oggi è la riprova della violenza permanente del nostro sistema sociale contro cui inquesto momento i detenuti, non solo quelli di Pescara, hanno protestato e protestano e, nella sua emblematicità, rappresenta la loro miglior difesa ».
Il comunicato è firmato da: Nereo Battello, del foro di Gorizia, Sandro Canestrini, del foro di Rovereto, Edoardo Di Giovanni, del foro di Roma, Bianca Guidetti Serra, del foro di Torino, Marcello Gentili, Gaetano Pecorella, Francesco Piscopo, Giuliano Spazzali, tutti del foro di Milano, Mario Rapino, del foro di Pescara, Giovanni Sorbi, del foro di Pisa, Enzo Torsella, del foro di Taranto, e Rocco Ventre, del foro di Roma. E' stato inoltre inviato un telegramma al ministro di Grazia e Giustizia, ai presidenti della Camera e del Senato.
La Stampa 21 settembre 1973