A venti giorni dalla fine di una protesta durata più di 72 ore i detenuti del carcere milanese di San Vittore sono saliti ancora una volta sui tetti. Alle 15,15 al termine dell'aria pomeridiana in tutti i raggi di San Vittore è cominciato un certo fermento. Il personale di custodia quasi ovunque è riuscito a convincere i detenuti ad abbandonare la protesta, ma alcuni carcerati del terzo raggio si sono rifiutati di rientrare in cella cogliendo di sorpresa gli agenti di custodia.
Si tratta di tutti giovani tra i 18 e i 25 anni, arrestati per reati comuni e in carcere in attesa di processo, qualcuno anche da mesi. La protesta in pochi minuti si è estesa a tutti i giovani del terzo raggio. Il direttore dottor Santamaria ha immediatamente chiesto che nella zona affluissero rinforzi di carabinieri e agenti di pubblica sicurezza, mentre gli agenti di custodia si adoperavano per calmare i più scalmanati. Vista l'inutilità degli sforzi, i responsabili dell'ordine pubblico facevano ritirare le guardie dal terzo raggio per evitare che la protesta si trasformasse in rivolta aperta. Nel frattempo gli altri carcerati si sono mantenuti tranquilli, limitandosi a gridare qualche frase ai compagni.
Circa duecento detenuti sono riusciti ad impadronirsi della parte del carcere che si affaccia su piazzale Aquileia e viale Papiniano, e molti di loro si sono arrampicati fin sul tetto di uno dei fabbricati cominciando a scandire slogan e a gesticolare per richiamare l'attenzione dei passanti. Tutti sono molto giovani e molti di loro si sono parzialmente spogliati per meglio sopportare il caldo; alcuni hanno anche preso la precauzione di coprirsi il volto con dei fazzoletti per evitare di essere riconosciuti attraverso le fotografie che vengono scattate anche dai palazzi intorno da reporter e agenti della polizia scientifica. Sperano, a protesta finita, di potere evitare il trasferimento in un carcere del Centro-Sud, una misura prudenziale che viene sempre adottata in questi casi.
Sul posto si è recato il sostituto procuratore della Repubblica dottor Guido Viola, il quale è accompagnato dal questore dottor Ferruccio Allitto Bonanno, da alti ufficiali dei carabinieri e da numerosi funzionari di polizia. Tutto intorno al muro di cinta di San Vittore è stato predisposto un cordone di carabinieri e agenti di pubblica sicurezza equipaggiati anche con lacrimogeni. Sulle prime i carcerati hanno lanciato nei cortili qualche tegola e alcuni sassi, limitandosi in seguito ad inalberare cartelli improvvisati con delle lenzuola sulle quali hanno tracciato scritte che sollecitano la riforma dei codici e dei regolamenti carcerari. La maggior parte gridava: «Vogliamo il ministro Zagari».
Verso le 19,30 i responsabili del servizio d'ordine hanno fatto entrare in azione un reparto di agenti di pubblica sicurezza che ha raggiunto il terzo raggio. Qui ancora una volta i detenuti sono stati invitati a desistere dalla protesta, ma per tutta risposta dai locali dove si erano trincerati i prigionieri sono giunte grida ostili. E' stato dato allora l'ordine di fare uso dei candelotti lacrimogeni. Ne sono stati lanciati moltissimi soprattutto all'interno del terzo raggio: ben presto l'aria è diventata irrespirabile. Questo fatto, se non ha convinto i carcerati a cessare la protesta, ha per lo meno impedito che i giovani saltando da un tetto all'altro, raggiungessero altri raggi per estendere anche lì la loro agitazione.
La Stampa 29 luglio 1973