Terzo suicidio in un mese all'interno di una prigione Protagonista del tragico gesto, a Regina Coeli, un recluso di 39 anni, in attesa di giudizio • Manifestazione di protesta degli altri detenuti, anche nel carcere di Rebibbia - Il ministro Zagari promuove un'inchiesta per umanizzare il trattamento - Il Consiglio superiore della magistratura parla di "paralisi della giustizia" se non s'interviene.
Un detenuto in attesa di giudizio, Franco Marsilio, 39 anni, si è ucciso la notte scorsa nel carcere romano di Regina Coeli. Il corpo, appeso ad una sbarra con una striscia di lenzuolo, è stato scoperto stamane dagli agenti di custodia che inutilmente hanno tentato di rianimarlo. La notizia si è presto diffusa in tutto il carcere tra i 620 reclusi che da ieri mattina attuano lo sciopero della fame: con oggetti di vario genere i detenuti hanno cominciato a battere ritmicamente contro le porte delle celle manifestando il proprio disappunto.
E' intervenuto il direttore del carcere che è riuscito a riportare la calma dopo aver parlato a lungo attraverso gli altoparlanti. Franco Marsilio, che già in passato era stato condannato I per furto, era un ex sorvegliato speciale in attesa di essere processato per un reato minore: guida senza patente e porto abusivo di armi. La sua prima condanna risaliva a molti anni fa, quando ancora era un ragazzo.
Lo stato di agitazione è stato oggi deciso anche nel nuovo carcere di Rebibbia dove i reclusi hanno sospeso il lavoro nei laboratori reclamando a gran voce la discussione in Parlamento delle riforme dei codici e dell'ordinamento carcerario.
Un'indagine conoscitiva sulla situazione negli istituti di pena è stata la prima iniziativa assunta dal nuovo ministro della Giustizia onorevole Mario Zagari nell'assumere l'incarico. «Il problema della umanizzazione del trattamento è per me — ha annunciato il ministro con una dichiarazione ufficiale — uno dei punti più urgenti e fondamentali cui ispirerò la mia azione. Per esperienza diretta — ha aggiunto l'onorevole Zagari, che fu arrestato durante il periodo dell'occupazione tedesca di Roma nel 1943-1944 e fu detenuto nell'antico carcere di Regina Coeli — so bene quale possa essere lo stato d'animo di chi, a torto o a ragione privato della libertà personale, non può che appellarsi al rispetto del principio della giustizia. Noi faremo di questo principio la guida dell'attività di governo. Il problema è di offrire le garanzie più valide perché anche l'applicazione della giustizia sia rigorosamente democratica, obiettivo questo che dovrà essere realizzato attuando tutti i mezzi di cui lo Stato moderno dispone per garantire la certezza del diritto, la rapidità della sua esecuzione e la creazione di strutture adeguate ad un paese civile».
La crisi che travaglia il mondo della giustizia di cui il problema delle carceri è soltanto un aspetto, e neanche il più grave, è stata sottolineata in termini drammatici dal Consiglio superiore della ma gistratura che ha parlato, in modo esplicito, di prossima «paralisi della giustizia» se il Parlamento non interverrà con iniziative urgenti.
Nel giugno scorso, il capo dello Stato, ricevendo in udienza un gruppo di magistrati, accennò alla necessità di adottare subito gli «strumenti» per risolvere il problema ed aggiunge: «Credo che sia mio dovere invitare gli organi responsabili a provvedere con assoluta sollecitudine: mi riferisco in particolare al problema dei cancellieri e coadiutori giudiziari la cui mancanza rischia di paralizzare la macchina della giustizia». Il Consiglio superiore della magistratura, ora, ha ripreso ufficialmente l'argomento e ha indicato in modo drammatico tutta la gravità della situazione. Innanzitutto ha fatto cenno alle cause della crisi che travaglia il mondo giudiziario e cioè:
1) «Notevolissimo seppure giustificato aumento degli adempimenti formali e delle ipotesi conseguenziali di nullità» come ad esempio l'obbligo di avvertire l'imputato che è stata iniziata una azione penale nei suoi confronti e il diritto del difensore ad assistere all'interrogatorio dell'imputato;
2) mancata riforma dell'ordinamento giudiziario;
3) irrazionale distribuzione degli uffici giudiziari per cui vi sono preture e tribunali dove il lavoro è eccessivo e altri nei quali l'attività è quasi nulla;
4) inadeguatezza dell'organico dei cancellieri e degli ausiliari;
5) deficienza degli strumenti tecnici come ad esempio registratori, telescriventi, macchina per fotocopie;
6) «vetustà di molti edifici giudiziari»;
7) mancanza di qualsiasi programmazione nel settore della giustizia;
8) mancata riforma dei codici.
Tutto questo — ha spiegato il Consiglio superiore — «ostacola il perseguimento dei fini istituzionali dell'amministrazione della giustizia mentre il massiccio esodo dei cancellieri e dei segretari potrebbe portare alla paralisi della vita giudiziaria come è dimostrato dagli ormai frequenti casi di sospensione dell'attività giudiziaria in alcuni settori». Dopo avere segnalato «alla attenzione della comunità nazionale, e in particolare agli organi responsabili» la pericolosità dell'attuale crisi della giustizia, il Consiglio superiore della magistratura ha prospettato quali potrebbero essere i rimedi e cioè:
1) riforme organiche dei codici e dell'ordinamento giudiziario «in modo da realizzare una giustizia pronta ed efficace»;
2) programmare il rinnovamento delle infrastrutture con particolare riguardo alle sedi giudiziarie e all'edilizia carceraria;
3) provvedimenti urgenti per il pronto reclutamento dei cancellieri e del personale ausiliario in modo «da assicurare la ripresa del funzionamento degli uffici giudiziari dopo il periodo feriale».
Infine il Consiglio ha voluto avvertire il Paese che se nulla venisse attuato «si verificherà una paralisi dell'attività giudiziaria non superabile neppure con sacrifici personali dei magistrati e dei loro collaboratori» e che «tale situazione aggraverebbe ulteriormente la sfiducia nella giustizia pregiudicando inoltre l'attuazione delle riforme legislative nelle quali è già impegnato il Parlamento».
Purtroppo non è la prima volta che la gravità della situazione viene presentata in termini cosi drammatici. Senza tenere conto degli interventi annuali del procuratore generale all'inaugurazione dell'anno giudiziario in Cassazione.
La Stampa 14 luglio 1973