Era in ferie da pochi giorni quando dei colleghi hanno bussato alla sua porta per arrestarlo. Un agente della Polizia Penitenziaria, Oreste O., 56 anni, ieri è finito in carcere a Regina Coeli con l’accusa di violenza sessuale. Due i casi contestati: l’aggressione e il palpeggiamento in giugno all’interno degli androni di palazzi. Le vittime, due donne, avrebbero poi sporto denuncia al commissariato San Basilio, delegati alle indagini.
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Ad inchiodare il poliziotto arrestato, assistente capo presso la terza casa circondariale di Rebibbia, dove prestava servizio da quasi trent’anni, una foto segnaletica di qualche anno fa. Un’altra donna, infatti, lo aveva accusato di molestie. Un’accusa dalla quale il poliziotto sarebbe uscito senza ombre. Troppo diversa la descrizione fatta dalla vittima: lui altezza media e stempiato, l’aggressore bel fisico e capelli brizzolati. Raccolti più elementi a carico del sospettato, stavolta, è invece scattata una richiesta di misura cautelare firmata dal pm Claudia Alberti e dal procuratore aggiunto Maria Monteleone, accolta dal giudice per le indagini preliminari di turno, Maurizio Silvestri. Così, è scattato l’arresto dell’agente di polizia. Una notizia che ha turbato i colleghi. «E’ un agente stimato. Irreprensibile sul lavoro. Molto legato alla famiglia», ha detto chi lo conosce.
Il poliziotto, secondo indiscrezioni, sarebbe stato prelevato nella sua abitazione a Lunghezza. Uno choc anche per la moglie e i tre figli. Da anni la sua mansione era quella di occuparsi dei colloqui all’interno del carcere di Rebibbia, dove era conosciuto proprio per il suo carattere allegro e socievole. I due tentativi di violenza si sarebbero verificati il 16 e il 29 giugno, in orari in cui il poliziotto non risultava in servizio. Gli agenti del commissariato San Basilio hanno raccolto le denunce delle donne, cercando di ricostruire nel dettaglio la descrizione del presunto aggressore. Poi, dopo che le indagini, hanno concentrato i sospetti sul collega e hanno proceduto al riconoscimento fotografico. Ed è stata proprio l’identificazione a condurre nel carcere di Regina Coeli in stato di arresto l’agente della Polizia Penitenziaria in servizio a Rebibbia. Secondo le prime indiscrezioni, l’arrestato avrebbe però respinto le accuse. I primi chiarimenti potrebbe fornirli venerdì durante l’interrogatorio di garanzia fissato proprio nell’istituto penitenziario di Trastevere.
Non è la prima volta che agenti di polizia si ritrovano sotto accusa per abusi sessuali. Nel 2014, per esempio, sono state registrate condanne pesanti - sei anni di carcere - per tre agenti. Dieci anni prima i tre colleghi sarebbero andati in cerca di sesso facile con giovani prostitute, poi abusate in commissariato. Il tribunale di Roma aveva riconosciuto colpevoli i tre agenti in servizio alla Polfer nel compartimento Ostiense, finiti indagati con l’accusa di aver caricato sull’auto di servizio due lucciole romene, di 16 e 18 anni, per trattenerle, molestarle e abusarne, in un caso a turno, in ufficio, pena la minaccia di guai con la giustizia. La linea difensiva che si trattasse solo di un controllo di routine non aveva retto. Tanto che il giudice ha previsto per gli imputati una condanna più pesante dei 5 anni di carcere sollecitati dall’accusa. I reati contestati: violenza sessuale aggravata e concussione. Gli agenti, spalleggiati da un quarto collega già condannato in abbreviato a 4 anni per gli abusi ripetuti su un’altra lucciola, avrebbero palpeggiato la minorenne e abusato della diciottenne, dopo averle intimorite perché trovate senza documenti: «Non avete neanche il permesso di soggiorno, non cercate guai peggiori». L’agente appena arrestato, invece, avrebbe aggredito sconosciute in due portoni. Per poi tornare a testa alta in ufficio.
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