Per quasi sei ore un gruppo formato da una quindicina di detenuti stranieri ha tenuto in ostaggio l’intera sezione A al 2° piano del carcere di Brissogne. È iniziato tutto alle 11, quando un detenuto in attesa di essere espulso dall’Italia ha scoperto che avrebbe lasciato il Paese il 7 gennaio anziché il 6, come era previsto in un primo momento. La sua protesta è stata la scintilla che ha incendiato gli animi.
Altri detenuti hanno così infilato nelle serrature dei due cancelli della sezione - quello d’ingresso e quello che porta ai passeggi - dei sacchetti di plastica. Poi, usando un accendino con cui hanno dato fuoco al gas di una bomboletta spray, li hanno fusi bloccando le serrature. E hanno intimato agli agenti di non provare a forzare il blocco. «Abbiamo lame e siamo pronti a fare esplodere le bombolette del gas» presenti nelle celle. Gli agenti - una cinquantina, considerati anche quelli che sono stati richiamati da servizi esterni - hanno presidiato la sezione mentre Giorgio Leggieri, direttore del carcere Morandi di Saluzzo inviato sul posto dal ministero (dal momento che Brissogne non ha nessuno al comando) cominciava una trattativa. Che si è conclusa intorno alle 17, quando i detenuti sono rientrati nelle celle e i pompieri hanno potuto sbloccare le serrature.
«Era una cosa grossa, organizzata - dice un agente con lunga esperienza alle spalle -. La faccenda dell’espulsione secondo me è stata solo un pretesto. I detenuti sanno che lo Stato non c’è, che non abbiamo un direttore, e se ne approfittano. Negli ultimi tempi ci sono stati un po’ di casini, ma così no». Per il sindacato Osapp «quest’ultimo episodio deve far riflettere il Governo sulle condizioni critiche e senza ritorno del sistema penitenziario» e in particolare del carcere di Brissogne «da anni privo di direttore e comandante».