La Camera ha soppresso una norma del nuovo ordinamento che prevedeva brevi permessa all'esterno ai detenuti per "relazioni umane". Il nuovo ordinamento penitenziario lascia insoluto il problema del sesso nelle carceri. Continuando l'esame e l'approvazione degli articoli della riforma, la Camera ha confermato, con un voto per alzata di mano in cui i comunisti si sono astenuti, il testo dell'articolo 29 dal quale la commissione giustizia aveva soppresso la norma introdotta dal Senato per consentire appunto ai detenuti di usufruire di speciali permessi. L'articolo approvato dall'altro ramo del Parlamento, oltre a prevedere la possibilità di concedere permessi per gravi e accertati motivi, così diceva: « I detenuti e gli internati che abbiano tenuto regolare condotta possono usufruire dì permessi speciali della durata massima di giorni cinque, anche al fine di mantenere le loro relazioni umane ». Con questa pudica definizione, i senatori avevano voluto offrire una soluzione al problema affettivo e sessuale del carcerato sia come esigenza di vita sia per ovviare ad una realtà mortificante che preoccupa perché è grave in sé e perché è motivo di vere e proprie violenze a danno dei più deboli. Anche alla Camera si è molto discusso su questo argomento che, come ha osservato il relatore Luigi Felisetti (psi), «sarebbe stato pura ipocrisia ignorare». E' stata citata un'inchiesta secondo la quale il 67,50 per cento dei carcerati si dichiama omosessuale occasionale, il 20 per cento omosessuale abituale. Di costoro solo il 25 per cento si è portato tale anomalia in carcere; il restante 75 per cento l'ha acquisita in prigione con conseguenze che poi perdurano dopo il ritorno in libertà. Malgrado tutte le buone intenzioni, la commissione non potè far altro che abolire del tutto la norma approvata dai senatori. Il giudizio era stato unanime: così come era concepita non poteva essere attuata. Vi si opponevano questioni di sicurezza non essendo possibile sottoporre simi li permessi, per la loro stessa natura, a controlli e cautele, Si aprivano inoltre delicate questioni di parità fra detenuti (uomini e donne, coniugati e celibi) e fu espresso l'auspicio che in assemblea fossero avanzate altre proposte «meditate e responsabili». Se ne è nuovamente discusso, dapprima nel corso del dibattito sulle linee generali della riforma e per ultimo oggi quando si è esaminato l'articolo 29, ma senza che nessuno riuscisse a proporre una soluzione valida. Il ministro Reale (pri), il quale fino a poco tempo fa aveva presieduto la commissione Giustizia della Camera, ha detto che tutte le ipotesi possibili di contatti, sia all'interno sia all'esterno delle carceri, erano state scartate perché ciascuna sarebbe stata fonte di inconvenienti gravissimi. Di nessun aiuto era stato anche l'esame della legislazione penitenziaria di altri Paesi. « Ci siamo dovuti arrendere — ha osservato Reale — dinanzi alla complessità del problema ed alla impossibilità di risolverlo in questa legge. Il governo si ritiene tuttavia impegnato ad averlo sempre presente nella speranza di poterlo riaffrontare in un futuro più o meno prossimo ». Approvati ieri i primi sedici articoli della riforma, la Camera ne ha varati oggi altri ventinove giungendo così a metà del cammino (in totale gli articoli sono 90). Il lavoro sarebbe stato però più spedito se in due votazioni a scrutinio segreto non fosse mancato il numero legale costringendo il presidente a sospendere la seduta ogni volta per un'ora. Già ieri era accaduto il medesimo inconveniente a causa degli impegni di partito di molti deputati e per le concomitanti riunioni delle commissioni. Oggi il presidente Pertini si è spazientito. Ha cercato di ritardare la prima votazione in attesa che accorressero in aula gli assenti. Alla fine ha esclamato: « Non è cosa encomiabile. E' deplorevole ». Quando, appena un'ora dopo, un'altra votazione è saltata rendendo necessaria una nuova sospensione, i comunisti hanno protestato vivacemente contro i democristiani, accusandoli di disertare i lavori dell'assemblea. Le parti della riforma approvate oggi riguardano l'istruzione, il lavoro, la remunerazione dei detenuti, ai quali saranno corrisposti anche gli assegni familiari, le attività ricreative e culturali, il regime carcerario, l'assistenza alle famiglie e quella postpenitenziaria. L'esame del provvedimento proseguirà domani.
La Stampa, 13 dicembre 1974