Giuseppe Libreri, boss di Termini Imerese, resta agli arresti domiciliari nonostante il disegno di legge del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede voluto per riportare in carcere i mafiosi, nonostante il ricorso della Procura generale di Palermo, nonostante le polemiche per le scarcerazioni dovute all’emergenza Covid.
Le scarcerazioni dello scandalo
Libreri, il cui nome faceva parte dell’elenco dello scandalo che ha tenuto banco per mesi sui media e nell’agenda politica, resta agli arresti in casa perché non aveva lasciato il carcere solo per la pandemia, ma anche per l’affievolirsi delle esigenze cautelari.
I vecchi boss battezzati
Libreri, 72 anni, già condannato in passato per mafia, è stato arrestato di nuovo nel 2017 nel blitz denominato “Black Cat”. La Procura di Palermo, i carabinieri del Gruppo di Monreale e della compagnia di Termini Imerese scoprirono che la nuova mafia era ripartita dagli anziani. Li chiamavano “i vattiati”, battezzati, per via della loro carriera criminale. Da San Mauro Castelverde a Trabia, passando per decine di centri, i nuovi boss guardavano agli uomini e alle regole del passato. E fra i vecchi c’era anche Libreri.
Nel 2019 Libreri è stato condannato in appello a 13 anni e 10 mesi in continuazione con precedenti condanne (oggi gli restano da scontare 3 anni e 4 mesi di pena).
Ricorsi e contro ricorsi
Questi i fatti che hanno portato alla conferma dei domiciliari. Il suo legale, l’avvocato Ermanno Zancla, presenta un’istanza di scarcerazione. Il 23 marzo 2020 la Corte di Appello di Palermo la accoglie su indicazione del Dap e sulla base della relazione medica del carcere Pagliarelli.
Non solo Covid
Nella motivazione si leggeva che “il notevole lasso di tempo trascorso in carcere dall’imputato divenuto ultra settantenne per un tempo quasi pari alla pena che è stata comminata per i fatti relativi a questo procedimento e le sue condizioni di salute, come rassegnate dal sanitario del carcere, inducono a ritenere che le esigenze cautelari pur persistenti siano attenuate comunque possono essere assicurate con la pena afflittiva in misura cautelare degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico”.
L’appello della Procura
Il 26 maggio scorso il sostituto procuratore generale Rita Fulantelli chiede il ripristino della custodia cautelare in carcere. Nel frattempo il Dap ha individuato un carcere, quello di Bari, che può garantire le cure necessarie al detenuto anche in tempo di Covid. Nel ricorso si sottolinea che “la scarcerazione di Libreri Giuseppe era stata determinata solo dalla ritenuta incompatibilità in stretto ed esclusivo collegamento con l’emergenza Covid tra le sue condizioni di salute e l’ambiente carcerario”.
Il 3 giugno 2020 la Corte di Appello respinge la richiesta dell’accusa ribadendo che il provvedimento con cui era stato mandarlo ai domiciliari “non era limitato all’incompatibilità delle condizioni di salute del Libreri con la struttura carceraria” e perché “non si ravvisa nell’istanza di ripristino della Procura Generale alcun concreto elemento di novità per sostenere una valutazione di aggravamento delle esigenze stesse che già nel provvedimento consolidato del 23.3.20120 non erano state più ritenute di eccezionale rilevanza”.
La procura generale ha fatto appello al Tribunale del Riesame. Il collegio presieduto da Monica Sammartino, giudici Simona Di Maida (relatrice) e Sara Monteleone, il 9 ottobre scorso, ha dato ragione ancora una volta all’avvocato Zancla.
Il Riesame dà ragione alle difesa
I giudici hanno ribadito che in ballo non ci sono solo le condizioni di salute incompatibili con il regime carcerario dell’ultrassentantenne, ma anche il fatto che le esigenze cautelari sono ormai attenuate. Libreri sta male e anziano e ha già trascorso in carcere un tempo quasi pari alla pena che gli è stata inflitta. Le esigente cautelari permangono, ma possono essere garantite con i domiciliari. Nessuno scandalo, insomma.
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