Nella casa dì pena della sua città non c'era posto e neanche in quella di Ravenna - E' tornato a casa.
«Mi spiace, non abbiamo celle libere, ritorni nei prossimi giorni e vedremo di sistemarla» si è sentito rispondere per due volte Giovanni Campanini che, colpito da mandato di cattura, doveva finire in carcere in attesa di processo. Adesso è a casa e aspetta che si «liberi un posto». Il Campanini, coinvolto in un processo è accusato di reati contro il patrimonio. L'altra sera, dopo che il tribunale di Bologna . aveva spiccato l'ordine, il Campanini, accompagnato dal suo avvocato difensore, si è costituito ai carabinieri di Modena.«Fossero tutti come'lei — gli aveva detto il maresciallo — il nostro lavoro sarebbe tutto più facile» e dopo avergli messo le manette, lo ha portato al carcere di S. Eufemia. «Non ci sono celle libere — ha detto la guardia — andate altrove». Il maresciallo, con il detenuto ha proseguito per Ravenna, ma giunti nel penitenziario altra doccia fredda. «Siamo pieni come un uovo, non abbiamo neanche un "buco" di fortuna, non so cosa dirvi» e si sono visti sbattere in faccia il pesante portone. A questo punto il marescialo ha tolto, i ferri al suo prigioniero e gli ha detto: «Torni a casa,tranquillo, si ripresenti in caserma fra qualche giorno, intanto io cerco un posto dove sistemarla. Buonasera» e il Campanini si è trovato solo in mezzo alla strada.
La Stampa 5 novembre 1974