REGGIO EMILIA. Prima ha scatenato una rissa con un connazionale tunisino e poi, riportato in cella, ha appiccato un incendio e minacciato gli agenti intervenuti in suo soccorso con una lametta, inneggiando all’Isis.
Ancora un preoccupante episodio di violenza – per fortuna gestito al meglio dalla Polizia Penitenziaria, senza gravi conseguenze fisiche per gli agenti – è avvenuto nel carcere di Reggio Emilia.
Tutto è nato quando sabato gli agenti sono intervenuti per un litigio fra due detenuti tunisini, all’interno della casa circondariale di via Settembrini. I poliziotti della penitenziaria hanno in primo luogo soccorso l’aggredito (un 24enne nordafricano, in carcere per omicidio), portandolo lontano dall’esagitato.
L’aggressore, un tunisino di 31 anni (in carcere per una lunghissima sfilza di reati fra i quali resistenza a pubblico ufficiale, lesioni personali, danneggiamento, furto e rapina) è quindi stato riportato nella sua cella. Ma l’animo esagitato del tunisino non si è affatto calmato. Anzi.
Qui infatti, attorno alle 21.45, il 31enne ha creato ancora problemi alla Penitenziaria appiccando un incendio all’interno dell’alloggio.
Nel tentativo di spegnere il rogo e portato al sicuro il tunisino, minacciato dalle fiamme che lui stesso aveva appiccato, gli agenti coordinati dall’ispettore di turno lo hanno quindi portato fuori dalla cella.
Un’operazione resa molto complicata dal tunisino che, armato di una lametta che viene fornita ai detenuti per il proprio igiene personale, ha minacciato i poliziotti inneggiando al terrorismo islamico con frasi come «l’ho fatto in nome dell’Isis».
Impegnati a gestire la furia del carcerato, gli agenti non hanno quindi potuto spegnere il rogo che nel frattempo ha invaso di fumo l’intera sezione del carcere, mettendo a rischio l’incolumità degli altri detenuti e degli stessi poliziotti. Ricondotto all’ordine con fatica il tunisino facinoroso, gli uomini della Penitenziaria hanno quindi dovuto far sgomberare tutti gli altri 48 carcerati, chiusi in camera detentiva per la notte, che rischiavano di soffocare.
«Se pur in una situazione di concitata emergenza – ha dichiarato il segretario provinciale del Sappe, Michele Malorni – il carente personale di Polizia Penitenziaria ha dimostrato abnegazione, spirito di sacrificio e capacità d’intervento di straordinario livello per la salvaguardia della sicurezza, la tutela della incolumità della popolazione detenuta e della stessa Polizia Penitenziaria».
Sul luogo nel frattempo, vista l’emergenza e la gravità dell’episodio, è intervenuto anche il comandante del reparto, per fornire vicinanza agli agenti e il supporto necessario alla gestione del delicatissimo evento. Che, portata al sicuro la cinquantina di carcerati, si è risolto per il meglio, senza feriti gravi né ustionati.
Nonostante questo, però, quest’ultimo fatto di violenza si aggiunge a una preoccupante lista di disordini e difficoltà nella gestione della popolazione dell’istituto penitenziario reggiano.
Complicanze che, secondo quanto ripete da anni il sindacato di categoria, sono imputabili alla carenza del personale di polizia all’interno della Pulce, a fronte invece di un incremento costante dei detenuti.
«All’amministrazione penitenziaria regionale e centrale – conclude infatti Malorni – nonché a tutte le figure anche politiche competenti in materia di sicurezza, a ciascuno per quanto di propria competenza, si lancia un grido di allarme per provvedere a una urgente integrazione dell’organico di Polizia Penitenziaria con le risorse mancanti nei diversi ruoli».
Basti pensare, guardando la tabella pubblicata in questa pagina, che alla Pulce – a fronte di 240 agenti previsti – ne sono stati assegnati solo 182, fra i quali 25 distaccati in altre sedi. Una carenza di 82 persone.
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