L'inchiesta sui fatti nel carcere di Roma. Secondo il giudice, a carico dei funzionari potrebbe ipotizzarsi il reato di lesioni - Anche un maresciallo e alcune guardie hanno ricevuto l'avviso di procedimento.
Il direttore di Rebibbia, Giovanni Castellano 8in foto ndr), i vicedirettori Vincenzo Barbera e Renato Ricci hanno assunto la veste di indiziati di reato nel procedimento in corso per far luce sui fatti avvenuti nel carcere-modello della Via Tiburtina la sera dell'I 1 luglio scorso. A notificare i relativi avvisi di procedimento ai tre funzionari è stato il giudice istruttore Renato Squillante, che conduce l'inchiesta con l'aiuto del collega Fernando Imposimato.
Il reato che, secondo il magistrato, potrebbe ipotizzarsi a carico di Castellano, Barbera e Ricci è quello di lesioni. La stessa accusa potrebbe essere attribuita ad un maresciallo e ad un gruppo di agenti di custodia che, come i funzionari, hanno ricevuto gli avvisi di procedimento.- Le indagini sui fatti di Rebibbia si stanno dunque sviluppando. Anche se l'avviso di procedimento (è bene ricordarlo) non equivale ad una vera e propria incriminazione, ma serve soprattutto al potenziale imputato per difendersi fin dalle prime battute di un'istruttoria, la magistratura sembra decisa a non lasciare alcuna ombra sulla sconcertante vicenda.
Vi sono quarantacinque detenuti che sostengono di essere stati duramente picchiati dagli agenti di custodia senza alcun motivo. Uno di questi, Aldo Trivini, secondo una denuncia presentata proprio ieri dal suo difensore, sarebbe addirittura in fin di vita per le percosse subite. Le guardie carcerarie a lor volta affermano che i reclusi, per opporsi al trasferimento a Regina Coeli, si ribellarono, assalendole con estrema violenza; per questo erano dovute intervenire con i manganelli, mettendo fine ad una situazione di pericolo.
La direzione di Rebibhia a suo tempo presentò all'autorità giudiziaria una denuncia contro i detenuti per lesioni, oltraggio e resistenza ai danni degli agenti di custodia. I reclusi passarono al contrattacco inoltrando alla Procura della Repubblica una serie di esposti in cui accusavano gli agenti di violenze. Di fronte alle versioni contrastanti, il magistrato, in attesa che l'inchiesta chiarisca la vicenda, ha inviato gli avvisi di reato sia ai quarantacinque detenuti, sia al personale del carcere. In attesa che il direttore, i due vicedirettori e gli agenti di custodia possano nominare difensori di fiducia, il dottor Squillante ha provveduto a fornirgli degli avvocati d'ufficio, che sono Aldo Recchi, Edmondo Zappacosta, Enrico Polizzi di Sorrento e Francesco Mancuso. Costoro sono stati convocati per domani mattina, insieme con i colleghi che assistono i quarantacinque detenuti, nel carcere di Regina Coeli dove sarà dato il via ad una perizia medico-legale.
Il giudice ha incaricato un collegio di consulenti di visitare ottanta reclusi che al tempo dei fatti si trovavano a Rebibbia. I sanitari dovranno accertare se i detenuti presentano o no lividi, ecchimosi, lesioni, fratture dovuti a percosse e, in caso affermativo, la gravità dei danni riportati. Ai periti sarà anche chiesto se le eventuali ferite riscontrate sui carcerati, per disposizione ed entità, possono suffragare la tesi d'una loro aggressione ai danni degli agenti di custodia o se invece siano tali da avvalorare la versione dei reclusi, i quali sostengono di essere stati assaliti alle spalle dalle guardie. Sia i funzionari di Rebibbia con gli agenti di custodia, sia i quarantacinque detenuti indiziati di reato potranno nominare propri consulenti di parte per rafforzare le rispettive versioni dei fatti dell'11 luglio.
La Stampa 29 luglio 1972