Il 7 aprile 1981, alle 6,45 del mattino, mentre usciva dal portone della propria abitazione per recarsi a lavoro, veniva ucciso il Vice Brigadiere del Corpo degli Agenti di Custodia RAFFAELE CINOTTI.
Prestava servizio come Caporeparto al settore isolamento giudiziario del carcere di Roma Rebibbia.
Raffaele Cinotti era nato a San Prisco (CE), 23 maggio 1953. Il 7 aprile 1981, alle 6:45 del mattino, venne aggredito sotto la propria abitazione, mentre si stava recando in servizio. L’omicidio è stato compiuto da tre brigatisti proprio all’uscita del portone di casa in Via Acquaroni 123 a Roma (zona Tor Bella Monaca nei pressi della Via Casilina) dove l’Agente, di 28 anni, viveva con la moglie e due figli di due anni e cinque mesi.
Capoposto al reparto di isolamento giudiziario della Casa circondariale di Roma Rebibbia, l’Agente Raffaele Cinotti cadde vittima di un agguato terroristico tesogli da tre individui che gli esplosero otto colpi di pistola. L’agguato mortale fu rivendicato dalle “Brigate Rosse” con una telefonata al centralino del quotidiano “La Repubblica”. L'omicidio fu espressione, al pari di altri, della campagna di intimidazione del terrorismo di estrema sinistra sul "fronte carceri".
L’AGGUATO
I tre brigatisti che lo aspettavano a poca distanza dal portone d’ingresso, lo hanno colpito con otto colpi di pistola calibro 6 e 7,65: sedici i bossoli trovati sul posto. Un operaio che si stava recando al lavoro è stato testimone dell’omicidio, ma è riuscito solo a vedere i tre brigatisti fuggire a bordo di una Fiat 128 bianca forse guidata da un quarto complice. In un primo momento si era parlato di una possibile “risposta” dei brigatisti, all’arresto di Mario Moretti avvenuto a Milano il 4 aprile 1981, infatti con una telefonata al centralino del quotidiano La Repubblica, meno di un’ora dopo, la voce di un uomo ha rivendicato l’attentato: “Qui Brigate rosse. Abbiamo giustiziato l’aguzzino, torturatore, sfruttatore Cinotti – poi prima di riagganciare ha ammonito a – non toccare i compagni arrestati a Milano”. Per gli inquirenti invece, era una semplice coincidenza. I brigatisti seguivano Raffaele Cinotti da parecchi giorni e hanno aspettato proprio un martedì per compiere l’agguato, giorno di chiusura dell’unico bar della zona situato proprio di fronte all’abitazione di Cinotti. Il luogo di un secondo avviso di rivendicazione è stato comunicato alla redazione de Il Messaggero: il messaggio si trovava sotto un’auto parcheggiata in Via Rasella.
LA STRATEGIA DELLE BR
L’omicidio di Raffaele Cinotti, era parte di una strategia della colonna romana delle BR e più in generale dell’intera organizzazione, volta a colpire gli uomini e le istituzioni dell’amministrazione penitenziaria. L’anno prima era stato ucciso il giudice Girolamo Minervini, appena nominato Direttore Generale degli Istituti di Prevenzione e Pena (l’attale Capo DAP) e soltanto poche settimane prima, il 15 gennaio, era stato liberato il giudice Giovanni D’Urso rapito il 12 dicembre 1980 e del quale i brigatisti avevano diffuso una foto nella quale appariva con al collo la scritta «Organizzare la liberazione dei proletari prigionieri, smantellare il circuito della differenziazione» (ovvero il circuito penitenziario di rigore previsto per i terroristi).. In quel momento D'Urso ricopriva l'incarico di direttore dell'ufficio III della Direzione Generale degli Istituti di Prevenzione e Pena. Sul luogo dell’omicidio di Raffele Cinotti, i brigatisti avevano lasciato un plico intitolato “Campagna D’Urso”, con 121 pagine che costituivano il “bilancio” del sequestro: un comunicato della “brigata kampo di Palmi”, dai testi dei dieci volantini emessi durante la prigionia del giudice, dai diari tenuti dai detenuti di Trani durante la rivolta del dicembre precedente stroncata dal blitz dei Carabinieri, da alcune pagine dell’interrogatorio del magistrato rapito contenenti anche l’organigramma dell’amministrazione penitenziaria.
Raffaele Cinotti aveva più volte chiesto il trasferimento a Caserta per poter vivere vicino ai suoi genitori originari di San Prisco di Caserta, ma non aveva mai fatto intendere ad amici e parenti di essere in pericolo diretto.
I FUNERALI DI RAFFAELE CINOTTI
La camera ardente era stata allestita nella caserma degli Agenti di Custodia di Rebibbia. A rendere omaggio a Raffaele è intervenuto anche un commosso presidente della Repubblica Sandro Pertini. I funerali si sono svolti in una chiesa di via Casal de’ Pazzi vicino Rebibbia a cui hanno partecipato il Ministro della Giustizia Sarti, l’ex Ministro Morlino, il Direttore di Rebibbia Restivo, il Direttore di Regina Coeli Santamaria, mentre due Corazzieri sorreggevano la corona del Presidente della Repubblica.
LE PROTESTE DEGLI AGENTI DI CUSTODIA
Dopo l’omicidio di Raffale Cinotti, salì l’esasperazione dell’intero Corpo degli Agenti di Custodia che nelle settimane seguenti organizzarono una protesta nazionale tramite l’autoconsegna negli Istituti, “un’avvisaglia appena, la più plateale possibile, per far capire all’esterno il disagio degli Agenti”, e formularono una serie di richieste al Capo dello Stato e al Ministro della Giustizia che posero le basi della riforma del Corpo avvenuta quasi dieci anni dopo.
MEDAGLIA D’ORO AL MERITO CIVILE ALLA MEMORIA E VITTIMA DEL DOVERE
Mentre usciva dal portone della propria abitazione per recarsi sul posto di lavoro, veniva barbaramente trucidato in un vile e proditorio agguato terroristico. Fulgido esempio di elette virtù civiche, di elevato spirito di servizio e di incondizionato spirito di senso del dovere. 7 aprile 1981 – Roma 12 settembre 2007.
Riconosciuto "Vittima del Dovere", il 13 settembre 2007
CASA CIRCONDARIALE "RAFFAELE CINOTTI"
Con decreto del 1 marzo 2016, il Capo del Dipartimento ha intitolato la Casa Circondariale di Rebibbia nuovo compplesso alla memoria del Vice Brigadiere Raffaele Cinotti.