Quattro ex internati ad Aversa definiscono "lager" il manicomio
Home > STORIA

 

STORIA Quattro ex internati ad Aversa definiscono "lager" il manicomio 20/02/1975 

Sul tavolo del sostituto procuratore Sant'Elia c'è un protocollo (numero 5 barra 75) intitolato: “Indagine relativa al manicomio giudiziario di Aversa”. E' un fascicolo che si arricchisce ogni giorno di documentazione: dichiarazioni di coloro che sono passati per la casa di pena, articoli di giornali, fotografie.

Dopo una clamorosa denuncia sulle condizioni “paurose” di vita nel “lager” l'indagine dell'autorità giudiziaria è stata avocata dalla procura della Repubblica di Napoli. Ma non è stato ancora aperto un procedimento, sia pure formale, per individuare gli eventuali responsabili dei fatti denunciati. Ci sono parti lese che accusano e testimoni, detenuti in altre carceri pronti a parlare. Finora nessun perito di parte ha ottenuto il permesso di varcare i cancelli di Aversa.

I manicomi giudiziari sono nell'occhio del ciclone: dopo il caso della donna morta bruciata sul letto di contenzione a Pozzuoli, le denunce investono Aversa, Montelupo Fiorentino, Reggio Emilia e Barcellona Pozzo di Gotto. Magistrati, psichiatri e giuristi chiedono l'abolizione dei manicomi giudiziari e modifiche sostanziali per quelli civili (la legge in vigore è del 1904). Per giovedì 27 febbraio è stata indetta a Roma, al Policlinico, la prima di una serie di manifestazioni nazionali, in collaborazione con le forze sindacali e tutte le organizzazioni democratiche. L'assemblea sarà preceduta da una conferenza stampa: saranno ex internati a presentare nuove denunce, anche fotografiche degli “orrori” di queste istituzioni “medievali”.

II 10 febbraio sono state presentate alla procura di Napoli quattro dichiarazioni di denuncia, sottoscritte da ex internati del manicomio giudiziario di Aversa, Antonio Curti, Enzo Vicco, Domenico Curro e Pietro Villanti. Sono attualmente detenuti a Perugia e chiedono di essere ascoltati come testimoni. Al sostituto procuratore Sant'Elia si chiede di acquisire agli atti tutti i procedimenti penali aperti presso il tribunale di S. Maria Capua Vetere e la pretura di Aversa, anche se seno rimasti allo stato di denuncia e anche se conclusi con l'archiviazione. E' stata di nuovo inoltrata la richiesta di ordinare una perizia medico-legale e psichiatrica per accertare le condizioni di vita esistenti all'interno del manicomio giudiziario di Aversa.

Ecco le denunce. Domenico Curro, 35 anni, è stato rinchiuso ad Aversa per un mese nell'agosto del '72 e per alcune settimane nell'estate del '73. Denunciò al pretore di Nuoro (il 19 gennaio '74) i maltrattamenti subiti. Dal suo racconto emergono questi fatti: l'uso del letto di contenzione ad ogni protesta e la somministrazione di iniezioni (scopolamina, serenas e algatil) che “mi riducevano come un automa - scrive Curro -, con le mascelle contratte, ridotto a strisciare i piedi per poter camminare”. L'atto di accusa di Domenico Curro è agghiacciante: legato per una settimana, mai visitato dal medico, gli venivano fatte iniezioni “dall'appuntato Cardillo, infermiere”. Quando chiedeva da bere gli facevano assaggiare un po' d'acqua e il resto glielo buttavano addosso. Tutto ciò “alla presenza degli agenti di custodia che invece di richiamare i piantoni si mettevano a ridere”. “I piantoni - prosegue la denuncia - erano dei detenuti, già prosciolti e trattenuti nel manicomio per cura in quanto giudicati infermi di menta”. Vitto e alloggio: al mattino latte annacquato; per pranzo pasta e cavoli bolliti oppure pasta cotta con conserva sciolta in acqua; a cena pasta bollita. Tre volte alla settimana un po' di carne. “Alloggiavo in una stanza, di circa 7 metri per 8, insieme con una dozzina di detenuti (arrivammo ad essere fino a 15); per i bisogni corporali avevamo due buglioli nell'angolo della stanza e a contatto dei letti; i buglioli venivano vuotati - scrive Curro - soltanto una volta al giorno, mai lavati e mai disinfettati. La doccia si faceva una volta al mese, quando andava bene, cioè se si dava un pacchetto di sigarette alla guardia addetta”. Vestiti di stracci, scalzi, i detenuti - questa la parte più emblematica della denuncia - “che venivano ricoverati nel manicomio per semplice osservazione, erano messi insieme ai malati riconosciuti, e dovevano subirne tutto il comportamento violento; se si tentava di reagire si veniva messi al letto di contenzione”. Domenico Curro afferma che era voce corrente presso i detenuti che un certo Giovanni Stallone era morto in quel manicomio per le percosse ricevute: “Il letto - conclude - veniva usato spessissimo non per ragioni mediche, ma come mezzo di repressione e punizione”.

Enzo Vicco dice: “Lo stomaco mi si rivolta se penso che devo tornare ad Aversa per espiare 3 anni di casa di cura dopo aver finito la detenzione”. Quando era in questo manicomio ha lavorato, con un salario di 4500 - 5000 lire al mese. Per avere gli abiti cambiati a Natale e Pasqua bisognava mettersi in lista a Capodanno. Il comandante, maresciallo Borelli, decideva chi e quando doveva essere legato al letto di contenzione. “Come può - si domanda Vicco - un maresciallo decidere senza capire nulla di medicina? Allora ero minorenne e stavo in mezzo agli alienati, dai quali dovevo sopportare tutte le angherie perché se protestavo c'era la punizione immediata”. I racconti di Pietro Villanti e Antonio Curti non si discostano molto dai precedenti. Il Curti denuncia anche il trattamento ricevuto al manicomio giudiziario di Reggio Emilia. Qual è il valore di queste testimonianze? Secondo la legge il magistrato che conduce l'inchiesta sul manicomio giudiziario di Aversa non può sottrarsi all'obbligo di ascoltare i denuncianti. In qualsiasi caso, la giustizia deve fare il suo corso per accertare la verità su Aversa. Per chiarire definitivamente se i manicomi giudiziari sono campi di concentramento o no.

La Stampa 20 febbraio 1975


Google News Penitenziaria.it SEGUICI ANCHE SU GOOGLE NEWS