Le celle misurano due metri e ottanta per quattro. Non sono stanze, sono antri bui e umidi. Il ruvido pavimento è occupato quasi per intero da tre, quattro pagliericci con coperte sfilacciate e luride. In un angolo c'è il bugliolo. Attorno alle pareti corre uno zoccolo rosso. Non è stato dipinto da mani esperte. Lo hanno formato i giovani detenuti nel corso degli anni. Ciascuno ha lasciato sul muro l'impronta del palmo della mano dopo averlo immerso in un liquido rosso trovato chissà dove.
L'immagine è allucinante. E oltre lo zoccolo si vedono disegni di rozze figure femminili o si leggono frasi come queste: "Mi chiamo ... non ho fatto niente, ho passato qui dentro sessanta giorni", oppure: "Sono ... specialista in furti", ancora: "Mi chiamo ... sono innocente". Frasi che sono altrettante denunce o grida di sconforto, disperazione. Anche quelle che nascondono l'angoscia dietro un'apparente spavalderia: "Sono specialista in furti". Sino a ieri mattina è stato questo il braccio "dei detenuti in attesa di giudizio" all'istituto minorile "Ferrante Aporti". Il luogo nel quale si doveva iniziare l'opera di recupero o di reinserimento nella società del giovane disadattato su cui era caduto il sospetto (soltanto il sospetto) di una violazione del codice penale.
Recupero? Sono propositi che hanno un'intonazione più tragica che ironica se raffrontate a realtà come quelle che si sono descritte. Ora, dopo le denunce mosse da più parti e anche dal nostro giornale, questa pagina vergognosa della storia dell'istituto minorile è stata cancellata. Ieri, alla presenza di parecchie autorità, tra cui il procuratore generale della Repubblica dott. Reviglio della Veneria, è stato inaugurato il nuovo reparto del "Ferrante Aporti" con strutture moderne dove, come ci dice il direttore dell'istituto dottor Andrea Bacci, "saranno assicurate condizioni di vita civili, là dove prima si assicurava solo la sopravvivenza". Affermare anche soltanto che si è cominciato a risolvere i problemi del disadattamento e della delinquenza minorile della nostra città sarebbe azzardato ed eccessivo. E probabilmente è anche falso. Come vedremo ci sono ben più gravi esigenze da soddisfare, alcune richiedono l'attività del legislatore, altre, interventi amministrativi. Ma è indubbio che la tappa raggiunta ieri è già qualcosa.
La nuova opera è il risultato di un iter burocratico che tra progetti, gare di appalti, assegnazione dei lavori è durato più di tre anni. Il dott. Bacci che si è battuto con molto impegno per la realizzazione, ci accompagna per una rapida visita. Qui c'è l'atrio per i colloqui con i parenti, là le camere da letto, spaziose e ben illuminate, oltre, le palestre rimodernate e il campo sportivo. Poi il direttore ci mostra i laboratori, la sala medicodentistica, i locali mensa. La disponibilità del nuovo edificio è di 70 posti, in situazioni di emergenza si può arrivare a 82. Attualmente i minorenni che attendono di comparire davanti al tribunale sono 45. Li sorveglieranno d'ora innanzi una quindicina di giovani guardie (alcune laureate) che hanno svolto corsi di preparazione. Sarà evitata la deleteria promiscuità, si procederà a raggruppamenti secondo criteri scientifici (l'età, le caratteristiche psicologiche, il tipo di reato di cui i ragazzi devono rispondere, le eventuali recidive). Prescindendo dal discorso di una riforma legislativa che "depenalizzi" il comportamento del minore, tutto questo appare una condizione necessaria, ma non sufficiente.
Lo dice anche il dottor Bacci. Egli afferma: "Il reato evidenzia uno stato latente di disadattamento. E' fondamentale rendere meno traumatico il periodo della carcerazione preventiva (che sovente è l'unico periodo trascorso nell'istituto dal minore perché, anche se è provata la colpevolezza, si applica con frequenza il perdono giudiziario), ma è indispensabile operare sul "prima" e sul "poi". Che cosa significa? Significa che se si vuole agire in modo concreto per eliminare o ridurre le manifestazioni di disadattamento, bisogna agire da un lato sulla famiglia (cioè sulle condizioni di vita del ragazzo, il "prima" del reato) e in seguito favorire il reinserimento (o il recupero) del minore nel mondo del lavoro (il "poi" del reato). L'azione sulla famiglia presuppone una buona conoscenza della stessa. E' un compito che, secondo il dott. Bacci, può assumersi la Regione. E oggi il direttore del "Ferrante Aporti" s'incontrerà con gli assessori regionali Vietti e Fantino per esaminare a fondo il problema. Sarebbe opportuno cioè che l'ente pubblico locale fornisse persone competenti per acquisire le "notizie di base" sul nucleo familiare. "E' un compito - afferma Bacci - che non può² assolvere il ministero di Grazia e Giustizia, soprattutto per mancanza di personale". In un tale settore le prospettive non sembrano pessimistiche.
La questione del reinserimento invece è tuttora in alto mare. Bacci lamenta che gli imprenditori privati (comportamento illogico, ma comprensibile) siano poco disposti a dare un lavoro ai minorenni che hanno avuto che fare con il codice penale. "Ma è ancora peggiore - sostiene - il comportamento della scuola che si rifiuta di dare un valido indirizzo. Una volta mi sono sentilo rispondere: "Siamo professori, non educatori". Sul problema della "depenalizzazione" del comportamento dei minori (cioè di non considerare reato alcuni fatti puniti dal codice) il dott. Bacci non vuole pronunciarsi. Se ne occupa invece in un lungo comunicato il "Gruppo Abele", che sta compiendo da parecchio tempo una meritoria attività assistenziale. Il Gruppo chiede "che sia modificata radicalmente la situazione degli istituti minorili, case di rieducazione, riformatori e prigioni scuola" e afferma che è necessario "realizzare esperienze alternative, quali comunità-alloggio, focolari, servizi di affidamento familiari". Secondo il Gruppo è indispensabile pertanto la riforma legislativa e l'affidamento di tali compiti alle Regioni. E' un problema aperto.
La Stampa 7 febbraio 1975