A 12 detenuti è stato notificato l'avviso di chiusura delle indagini con le accuse di sequestro di persona, devastazione e saccheggio, lesioni personali e rapina. Appena sprofondata nel clima pesante del lockdown, Milano rimase con il fiato sospeso per l'intera giornata del 9 marzo mentre decine di detenuti devastavano alcuni raggi di San Vittore "Francesco Di Cataldo" fermandosi solo dopo l'intervento e il lungo lavoro di mediazione tessuto da magistrati e direzione. Ora la Procura di Milano chiude l'inchiesta nei confronti di 12 detenuti, 5 italiani e 7 nordafricani, accusati di devastazione e di aver tenuto sotto sequestro tre agenti, di averli rapinati e minacciati di morte.
Come in molte altre carceri italiane, la rivolta era partita da una protesta contro le restrizioni imposte dal Coronavirus ai colloqui con i parenti e alla ricezione dei loro pacchi e contro il sovraffollamento (in quel momento a San Vittore c'erano 1.100 detenuti per 700 posti disponibili) e il rischio dello scoppio di un focolaio. Poi la protesta, come nelle altre carceri, aveva preso una piega diversa che a molti sapeva di un piano preordinato da attuare sfruttando la paura della pandemia, con i detenuti che, saliti sui tetti, chiedevano l'indulto o l'amnistia e gli autonomi a dare man forte e solidarietà dall'esterno.
Dentro, invece, a decine distruggevano i reparti e saccheggiavano le infermerie. Qualche detenuto tossicodipendente che era riuscito a rubare del metadone verrà ricoverato in fin di vita in ospedale per overdose, ma in altri istituti di pena ci sono stati morti per la stessa causa. Le proteste e le devastazioni terminarono solo dopo l'intervento del procuratore aggiunto Alberto Nobili e del pm di turno Gaetano Ruta che raggiunsero il tetto su un cestello di una gru dei vigili del Fuoco per parlare con i manifestanti, mentre all'interno il presidente del Tribunale di Sorveglianza Giovanna Di Rosa e il direttore Giacinto Siciliano incontravano i meno irrequieti.
Difficili le indagini su quello che è accaduto nei raggi. Il sostituto procuratore Paola Pirrotta ha chiuso il cerchio attorno ai 12 detenuti per le devastazioni e le aggressioni ai tre agenti di custodia i quali hanno vissuto momenti di vero terrore. Secondo il pm, che si appresta a chiedere il processo, la rivolta seguì un "unico progetto criminoso". Tre detenuti sono accusati di aver aggredito e tentato di bloccare un agente al quarto piano dopo avergli strappato di mano le chiavi delle celle urlando "prendiamo le spranghe e uccidiamoli".
Per altri due l'accusa è di aver rinchiuso per una mezzora un agente in un ufficio del terzo piano urlando "ammazziamolo, ammazziamolo", dopo avergli rapinato chiavi, radio ricetrasmittente e cellulare. Più grave l'aggressione al terzo agente che, anche lui rapinato di chiavi, radio e telefono, è stato minacciato da quattro reclusi con una lametta puntata alla gola. L'accusa di devastazione riguarda solo cinque detenuti, gli unici identificati con certezza tra coloro che hanno distrutto San Vittore.
Corriere della Sera
Rivolta a Milano San Vittore terminata dopo ore: incendi e ambulatorio distrutto