Aveva condiviso con un collega su whatsapp il fotomontaggio di una radiografia di un corpo umano che aveva nella testa l’immagine del suo superiore, il comandante degli agenti di Polizia Penitenziaria della casa di reclusione di Fossano.
La didascalia che accompagnava la foto diceva che quella era la radiografia di M., un altro collega. La foto cominciò a girare sui cellulari degli agenti in servizio a Fossano fino a quando finì nelle mani dello stesso comandante il quale, risalito all’agente che aveva diffuso la foto, decise di avviare un procedimenti disciplinare. Era il giugno del 2018 e poco tempo dopo, nel mese di agosto, il comandante fu oggetto di una dura presa di posizione da parte del sindacato Osapp, che ne contestava la condotta riferendosi a “procedimenti disciplinari, abbassamenti delle classifiche annue, e scarsa considerazione dell’anzianità di serivizio”, chiedendo una verifica ispettiva del Provveditorato regionale.
Alla fine di agosto il comandante decise di querelare l’agente che aveva diffuso la foto, l’agente A.C. imputato al Tribunale di Cuneo con l’accusa di diffamazione. In aula sono stati ascoltati altri agenti della casa di reclusione di Fossano e lo stesso comandante, il quale ha dichiarato di essersi sentito ferito, poichè quell’immagine danneggiava il suo ruolo e aveva fatto fatica a ricompattare il gruppo. L’imputato invece ha dichiarato di non essere stato lui a creare quel fotomontaggio e che, tra le tante foto che si scambiava con i colleghi, si era ritrovato anche quella e l’aveva condivisa con una sola persona.
L’accusa ha rilevato che quella foto non avesse un contenuto scherzoso e ha chiesto una condanna a 4 mesi di reclusione, richiesta a cui si è associata anche la parte civile, ribadendo la diffusività del contenuto diffamatorio di quell’immagine.
La difesa ha invece contestato completamente questa ricostruzione, sottolineando che quell’immagine tutt’al più avrebbe dovuto offendere il collega a cui si riferiva la didascalia, accusato forse di piaggeria nei confronti del comandante. Il giudice ha assolto l’imputato perchè il fatto non sussiste.
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