E' il carcere giudiziario più grande d'Europa: Poggioreale. Costruito agli inizi di questo secolo, undici padiglioni che si estendono su un'area di 67 mila metri quadrati, doveva accogliere poco più di mille detenuti. Invece ne ospita il doppio, stipandoli in sette padiglioni perché gli altri quattro sono inagibili. Ed è in questo sovraffollamento che sono accaduti i fatti per i quali il direttore del carcere ha chiesto al ministero di Grazia e Giustizia il trasferimento a tamburo battente di mille detenuti.
Che cos'è dunque accaduto fra le tetre mura di Poggioreale? Un giorno succede che un detenuto viene accoltellato chissà da chi. Un altro giorno l'aggressione si ripete ma questa volta i detenuti che si buscano le coltellate sono due. Quarantott'ore dopo il conto sale a quattro, poi a sei e, infine, a sette.
Non sono questi episodi di violenza a destare meraviglia. E' noto che nelle carceri impera un codice di regole inesorabili che colpiscono i delatori, le lingue lunghe, e chi, più semplicemente, non si sottomette alle gerarchie della malavita. Quel che stupisce, invece, è la facilità con cui i coltelli vengono contrabbandati all'interno del carcere. Quanti ce ne sono, chi e come li ha introdotti?
Mobilitati dalla procura della Repubblica di Napoli, duecentocinquanta carabinieri fanno irruzione a Poggioreale, passano al setaccio i sette padiglioni, rovistano da cima a fondo tutte le celle. Quando se ne vanno (la massiccia operazione è durata otto ore) portano via un centinaio di coltelli di ogni tipo, soprattutto di quelli a serramanico, le micidiali “mollette”, e un assortimento di punteruoli, seghe, manici affilati di cucchiai. Resta il “chi” e il “come”.
L'inchiesta della magistratura si mette in moto, scopre che dietro le mura di Poggioreale prospera un vero e proprio commercio di armi bianche, sorge il sospetto che vi siano legami di interesse tra i meno scrupolosi del personale di custodia e i detenuti. E', purtroppo, un sospetto fondato. Il primo ordine di cattura colpisce Carmine Cardone, ventisei anni e da quattro agente di custodia a Poggioreale: dal suo stipetto escono quattro “mollette” nuove di zecca. Il secondo arresto riguarda un suo collega, Antonio Boccucci, trentacinque anni, accusato di avergli dato una mano. Adesso l'indagine si muove con rapidità, il sostituto procuratore Luigi Mastrominico che la conduce riesce a far breccia nell'omertà di un paio di detenuti, altri ordini di cattura raggiungono in cella tre dei misteriosi accoltellatori, Onofrio Lepre, Agrippino Effice, Gennaro Farnatale. Poi, una raffica di comunicazioni giudiziarie che investono, tra gli altri, lo stesso comandante degli agenti di custodia, il maresciallo Tommaso Frizzato, e tre suoi sottoposti: dovranno spiegare perché hanno omesso di riferire a chi di dovere talune mancanze, e non lievi, commesse da detenuti. Se non saranno convincenti, dovranno rispondere di omissione di rapporto, omissione di atti di ufficio, favoreggiamento personale.
Da quanto tempo era in piedi il traffico delle armi bianche? Non si sa ancora. C'è chi sospetta che in un arco di tempo non molto lungo siano stati introdotti a Poggioreale non meno di un migliaio di coltelli. Se ciò fosse vero vuol dire che parecchie centinaia di queste lame, sfuggite al setacciamento dei carabinieri, circolano tuttora liberamente nel carcere. E, oltre ai coltelli, sembra che siano entrate altre cose proibite, come la droga per esempio. Ma questo è un capitolo che l'inchiesta deve ancora scrivere, insieme con altri che riguardano una serie di turpi episodi, perché per il momento sono state raccolte soltanto voci che devono essere controllate. Altri ordini di cattura sono comunque previsti a breve scadenza.
Adesso le misure di sicurezza sono scattate con energia. Ma il problema rimane allo stato di partenza. Dice il dottor Mario Gioia, direttore del carcere: “Ci vorrebbero almeno settecento agenti di custodia invece ce ne sono soltanto trecentocinquanta distribuiti in tre turni di servizio. Licenze. malattie, riposi settimanali riducono ulteriormente il loro numero. E i detenuti sono quasi duemila: un rapporto fra custodi e custoditi di uno a venti”. Aggiunge: “Certo, non avrei mai sospettato complicità interne. Ero convinto che il traffico dei coltelli fosse alimentato dalle donne che confezionano i pacchi per i detenuti nel cortile di Poggioreale: un'abitudine questa, tutta napoletana, non prevista da alcun regolamento, ma che consentiva a qualche madre di famiglia di guadagnare un po' di soldi. Avevo disposto la sospensione di questa attività dopo la scoperta di un temperino dalla lama affilatissima nel sottofondo di una pentola. Purtroppo è stato un provvedimento di scarsa efficacia”. Conclude: “Ho chiesto il trasferimento di mille detenuti. Nella visione di una moderna tecnica carceraria, anzi di una politica carceraria, non si possono più tenere segregate, una accanto all'altra, duemila persone, soprattutto in un carcere giudiziario dove per moltissimi, cioè i giudicabili, c'è la presunzione di innocenza”. I primi gruppi di detenuti hanno già lasciato Poggioreale per le nuove destinazioni: i più turbolenti andranno all'Asinara, in Sardegna.
La Stampa 22 febbraio 1975