“La cifra di Roma è la complessità, non c’è una sola organizzazione che domina la città come a Palermo, a Reggio Calabria, a Napoli”, ha spiegato il Procuratore Capo di Roma, Giuseppe Pignatone, in un’intervista al telegiornale di Tv2000.
“Ci sono tante organizzazioni – ha sottolineato Pignatone – quelle tradizionali delle Regioni meridionali, ci sono quelle locali, ci sono esponenti singoli delle mafie meridionali che hanno fatto grandi investimenti e attività economiche. Poi c’è la corruzione in sé che rimane il problema numero uno della città. E tutto questo si svolge in una sostanziale pax, perché la guerra tra l’una e l’altra fazione rovinerebbe gli affari, invece così si fanno i soldi in un sistematico accordo tra tutti i protagonisti criminali”.
“Il riconoscimento del reato di associazione di tipo mafioso o dell’aggravante mafiosa – ha aggiunto Pignatone a Tv2000 – è un cambiamento radicale. Questo determina la possibilità di infliggere sanzioni pesanti, la confisca dei beni e un regime penitenziario più rigoroso. È fondamentale inquadrare questi fatti nel loro complesso; non è che questi clan non fossero conosciuti già da prima, ma una visione parcellizzata della realtà non faceva cogliere la gravità, l’uso del metodo mafioso cioè il ricorso sistematico alla violenza, all’intimidazione che come dice la legge determina assoggettamento e omertà nell’ambiente circostante. Tutto questo negli ultimi anni grazie al lavoro delle forze dell’ordine è emerso nella sua complessità. E questo allarma di più perché questi clan, se non proprio impadroniti, hanno preso posizioni in settori di affari della Capitale. Certamente ora la reazione giudiziaria è più efficace”.