La sparatoria nel ministero di Giustizia a Roma. Il giovane è ricoverato in infermeria - Ha 19 anni ed è stato incriminato per omicidio volontario - Era di sentinella alla cassa: quando ha visto i due agenti che non si fermavano all'alt olà ha puntato il mitra - Uno ha tentato di deviare l'arma; è partita una raffica.
Nell'infermeria del carcere di «Regina Coeli», Nicola Iorio, il giovane agente di custodia che ieri, convinto di affrontare due rapinatori, ha ucciso con una raffica di mitra due colleghi, continua a ripetere: «E' stato un malinteso: mi hanno fatto un brutto scherzo». Poi piange e si dispera. I sanitari, per calmarlo, gli somministrano potenti sedativi; soltanto domani, forse, consentiranno un colloquio con il magistrato. «Non un malinteso, ma la paura lo ha fatto sparare», ha ripetuto anche stamane il capo della squadra omicidi della mobile romana, che ieri sera, per primo, ha ascoltato la guardia carceraria. «E' un bravo ragazzo questo Iorio — ha detto il dottor Gianfrancesco — ma con un mitra in mano a 19 anni e la psicosi dilagante della rapina si fa presto a perdere la testa».
Sarà il magistrato inquirente, comunque, a decidere la sorte di Nicola Iorio, 19 anni, da cinque mesi in servizio nel corpo degli agenti di custodia. Ultimo di quattro fratelli, il giovane, raggiunta l'età del la leva, s'era arruolato nel corpo, che già tre anni prima era stato scelto dal fratello maggiore, Antonio, 27 anni, in servizio a Firenze. Oggi, il sostituto procuratore della Repubblica, dottor Jerace, ha incriminato lo Iorio per duplice omicidio volontario ed ha emesso ordine di cattura. Concluse le indagini, il magistrato modificherà, senza dubbio, ii reato, anche se non potrà non tener conto della reazione del tutto spropositata del giovane agente in servizio all'ufficio cassa della ragioneria centrale del Ministero di Grazia e Giustizia.
Alla vista dei due uomini in borghese, Nicola Iorio avrebbe potuto intimare ai rapinatori di alzare le mani o sparare in aria una raffica a scopo intimidatorio. Sembra, invece, che Nicola Iorio abbia premuto il grilletto del Mab (Moschetto automatico Beretta) che imbracciava quando l'allievo sottufficiale Venerio Candidi, 24 anni, ricevuto l'altolà, ha tentato con un gesto di deviare la canna dell'arma, che il collega più giovane puntava contro, aggiungendo «Noi questo ce lo mangiamo».
Gli inquirenti commentano il gesto dell'allievo Candidi, affermando: «La paura ha fatto perdere la testa allo Iorio: la spregiudicatezza è costata la vita al sottufficiale, che, con maggiore esperienza, avrebbe dovuto reagire diversamente all'ordine della sentinella armata dì guardia alla cassaforte». Per domani è fissata l'autopsia sui cadaveri: i funerali avverranno nel pomeriggio. Una prima ricognizione esterna compiuta sui corpi dei due sottufficiali dai sanitari dell'Istituto di medicina legale conferma le prime informazioni: Umberto Marsili è stato raggiunto da due proiettili, la raffica di 22 colpi ha crivellato invece il torace del compagno.
«Le vittime di questa tragedia — ha detto stasera il comandante della Scuola di formazione sottufficiali — restano, con i due morti, l'agente Iorio e la vedova di Venerio Candidi, Maria Adelina Maceri, che aspetta la nascita di un bimbo, il primogenito del sottufficiale ucciso». Nel modesto alloggio del quartiere Prenestino, stamane, per salutare la giovane vedova, si sono recati tutti i colleghi della scuola sottufficiali. Maria Adelina Candidi ha stretto decine di mani meccanicamente, gli occhi arrossati, le gote asciutte. E' scoppiata in lacrime quando l'istruttore del marito le ha consegnato la busta della gratifica natalizia che ieri Venerio Candidi era andato a ritirare, con un'ora di anticipo, alla ragioneria del Ministero: 68 mila lire, già destinate per la nascita del primogenito.
I due agenti erano arrivati nel palazzetto di via Giulia alle 17,40 sebbene il cassiere avesse avvertito che i pagamenti sarebbero cominciati un'ora più tardi, alle 18,45. Ma i due, conclusi gli allenamenti con la squadra di calcio del corpo, l'Astrea, nella quale giocavano come portiere e come stopper da due stagioni, avevano poter avere i quattrini prima del previsto. Erano in borghese e al piantone di servizio all'ingresso avevano mostrato il tesserino di riconoscimento. Entrati nell'ascensore, erano arrivati al terzo piano dove Nicola Iorio montava la guardia mentre il cassiere preparava le buste. «Non li avevo mai visti prima — ha detto lo Iorio — erano in borghese ed ho pensato ai rapinatori. Ho sempre odiato la violenza ed ho sparuto: un malinteso, un tragico errore».
La Stampa 18 dicembre 1971