E' accaduto a Rebibbia, dove le guardie carcerarie avrebbero minacciato uno sciopero della fame (poi smentito) - "Siamo stanchi, non usciamo da molti giorni, vogliamo fare i turai" Venti minorenni sul tetto del "carcere modello" di Roma.
Sui tetti di Rebibbia, il «carcere modello» addossato alla povera borgata romana di San Basilio, sono saliti oggi i minorenni. In venti hanno scalato una palazzina a metà strada fra la colonia penale (dove sono rinchiusi i 67 «ribelli» di Regina Coeli) e il braccio «G 8». Hanno protestato per un'ora e sono scesi, dopo che la direzione aveva fatto generiche promesse. Non c'è stata agitazione e tutto si è svolto nella massima calma. Ai minori, che chiedevano la riforma dei codici, è stata assicurata la visita di un magistrato. Prosegue, sempre a Rebibbia, l'interrogatorio da parte di una terna di magistrati dei detenuti indicati come responsabili della rivolta di Regina Coeli. Tra loro è lo studente di architettura Paolo Ramundo, processato e condannato a sette mesi per aver interrotto l'esame del professor Fasolo, insieme con la studentessa Adachiara Zevi. Ramundo doveva uscire dal carcere perché l'ordine di scarcerazione era stato firmato venerdì scorso. Ci sono voluti invece cinque giorni prima che il foglio arrivasse dalla cancelleria del tribunale a Regina Coeli. Il giovane si trovò cosi implicato nella rivolta ed ora è tra i 67 «ribelli» in attesa di giudizio.
A protestare sono anche le guardie carcerarie di Rebibbia. Sono circolate voci di un loro sciopero della fame in atto da due giorni. La notizia è stata però smentita da uno degli interessati: «Noi portiamo le stellette e sottostiamo ai regolamenti militari, ha detto per telefono, e quindi non possiamo fare nessuna manifestazione di questo genere. La verità è che siamo dentro da molti giorni e abbiamo fatto una richiesta ai nostri superiori perché si attuino dei turni ed ognuno di noi possa lasciare il carcere per riposarsi. Siamo stanchi e abbiamo fatto un grosso lavoro in questi ultimi mesi. Ma non è vero che facciamo lo sciopero della fame».
Dal carcere di Urbino, il «San Girolamo», venti detenuti hanno fatto sapere, tramite un'agenzia di stampa, di aver iniziato uno sciopero della fame di solidarietà con i carcerati romani e di protesta per i mandati di cattura emessi contro i loro compagni di Regina Coeli, Avezzano e Pescara. Ieri c'è stata una manifestazione pacifica e per tutta la notte ì detenuti hanno parlato con un magistrato. E' stata chiesta, con un telegramma al ministero Grazia e Giustizia, la riforma dei codici. L'agitazione a Urbino è ancora in corso e si svolge senza incidenti.
Una manifestazione di protesta è stata fatta da trenta detenuti nelle carceri giudiziarie di Lagonegro, presso Potenza, per la mancata riforma del codice di procedura penale e la mancata attuazione del regolamento carcerario. I detenuti, che si sono rifiutati di entrare nelle rispettive celle, hanno eretto barricate e non hanno consentito a nessuno di avvicinarli. Successivamente, i dimostranti hanno avuto un colloquio con il procuratore della Repubblica Fanuele, al quale hanno detto che sarebbero tornati in cella se la radio avesse diffuso notizia della loro protesta. Fanuele si è messo in contatto con la sede Rai di Potenza e così, dopo la diffusione della notizia nel Gazzettino regionale, i detenuti hanno ultimato la protesta.
La Stampa 3 agosto 1973