Omicidio di Calogero Di Bona, Maresciallo degli Agenti di Custodia ucciso dalla mafia il 28 agosto 1979
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CADUTI Omicidio di Calogero Di Bona, Maresciallo degli Agenti di Custodia ucciso dalla mafia il 28 agosto 1979 28/08/2019 

Il 28 agosto 1979 venne ucciso Calogero Di Bona (Villarosa, 29 agosto 1944 – Palermo, 28 agosto 1979), Vice Comandante della casa circondariale di Palermo Ucciardone.

Di Bona era entrato a far parte del Corpo degli Agenti di Custodia come semplice Agente a vent'anni, nel 1964, fino a diventare Maresciallo Ordinario. Il 28 agosto 1979 scomparve misteriosamente da Palermo al termine di una giornata di lavoro. Il giorno dopo avrebbe compiuto trentacinque anni e la maggior parte della sua carriera l'aveva trascorsa lavorando presso il primo istituto Penitenziario del capoluogo Siciliano.

Di Bona finisce il turno di lavoro. Ad aspettarlo a casa ci sono la moglie, Rosa Cracchiolo, e i suoi tre figli. Pranzano assieme. Poi, il padre, come sua abitudine, si ritira in camera per riposare. Nel pomeriggio accompagna la famiglia da alcuni parenti. “Passo a prendervi per cena”, dice alla moglie. E così quando la donna non lo vede rientrare si preoccupa. L’ansia diventa angoscia. Lo cercano a Sferracavallo, nei posti che era abituato frequentare. Niente. Di lui non c’è traccia. Alle sei del mattino successivo una pattuglia di militari trova la sua auto, una Fiat 500, parcheggiata in via dei Nebrodi, all’incrocio con via Alcide De Gasperi. Gli sportelli sono aperti. La Procura apre un’inchiesta contro ignoti. Due anni di indagini che a nulla approdano.

 

LE RPIME INDAGINI AFFIDATE A ROCCO CHINNICI

Le indagini furono affidate per quanto riguarda la magistratura al giudice Rocco Chinnici che in seguito disse che la misteriosa scomparsa di Di Bona era strettamente legata al lavoro che svolgeva all'interno del carcere Ucciardone, essendo egli un servitore fedele dello Stato, sempre ligio al proprio dovere, non riuscendo però il magistrato ad accertarne la causa precisa.

E così, l’allora giudice istruttore Rocco Chinnici, il 5 marzo del 1981, è costretto a chiudere il caso, pur scrivendo che “la morte deve essere ricercata nei fatti strettamente collegati alla sua attività all’interno della casa circondariale. La riprova di ciò si ritrova nelle modalità di esecuzione del crimine, modalità tipicamente mafiose”.

Con l'assassinio di Chinnici, avvenuta il 29 luglio 1983, con un'autobomba al tritolo e nella quale morirono insieme a lui i due carabinieri di scorta: il maresciallo Mario Trapassi, l'appuntato Salvatore Bartolotta e il portiere dello stabile in cui abitava, Stefano Li Sacchi si perse anche la speranza da parte dei familiari di sapere come andarono realmente le cose.

 

LA RIAPERTURA DELLE INDAGINI

Nel giugno del 1994, nel carcere romano di Rebibbia, si celebra un’udienza del processo a Bruno Contrada, l’ex capo dei servizi segreti successivamente condannato. Il pubblico ministero Antonio Ingroia sta interrogando Gaspare Mutolo che a un certo punto dice: “Io so, nell’81, in un discorso che io c’ho con Riccobono per altri discorsi, di un omicidio di un certo Di Bona, il maresciallo degli Agenti di Custodia, che Salvatore Lo Piccolo se lo va a prendere”. L’appuntamento, racconta Mutolo, è all’interno di un notissimo ristorante a Sferracavallo.: .

I primi ad accorgersi del verbale di Mutolo sono stati i familiari di Di Bona. Il figlio Giuseppe ha scovato il verbale di Mutolo su internet. Assieme al fratello Ivan affidarono il loro sfogo alle colonne di S: “Se c’è una strada investigativa deve essere percorsa. Il vuoto investigativo, le tenebre come le chiamo io, sono mortificanti. Speriamo che si possa fare chiarezza. Trovare un colpevole per la morte di nostro padre sarebbe per noi un grande aiuto psicologico”. I fratelli Di Bona raccontarono anni difficili segnati dalla diffidenza di “parenti che ci tenevano lontano, ci facevano una colpa della scomparsa di papà. Per anni siamo stati i figghi di Lino, quello che spiriu”. Ed ancora “di colleghi che si sono via via allontanati, solo in pochi, si contano sulle dita di una mano, ci sono rimasti vicini”. Sono quelli che gli hanno raccontato la storia di “un gentiluomo che indossava la divisa e pretendeva che i colleghi la rispettassero”.

In seguito sono stati sentiti diversi collaboratori di giustizia. Ai magistrati è toccato ascoltare l’agghiacciante ricostruzione di un delitto. “Lo Piccolo Salvatore, uomo d’onore della famiglia di Tommaso Natale, sapendo che Di Bona frequentava un bar ristorante sito nella piazza di Sferracavallo lo avvicinò e lo condusse con un pretesto presso il fondo di Tatuneddu, così era soprannominato Salvatore Liga. Erano presenti, oltre a Liga, Salvatore MIcalizzi e Lo Piccolo, anche Bartolomeo Spatola (anche lui sarebbe stato ammazzato), il fratello Antonino e Rosario Riccobono”. Tutta gente morta tranne Lo Piccolo e Liga.

Gaspare Mutolo ha aggiunto, sempre di recente, i particolari di quella riunione di morte in un casa di fondo De Castro, allo Zen: “Riccobono chiede a Di Bona notizie sulla situazione carceraria ed in particolare sugli autori delle lettere anonime con le quali si insultavano i mafiosi”. Poi, “gli si pose una corda al collo”. Gaetano Grado ha concluso il racconto dell’orrore : “Quando l’indomani a noi andiamo allo Zen mi hanno raccontato solo che era tutto apposto e che il lavoro fatto da Tatuneddu Liga… quando c’era di bisogno di strangolare qualche persona… diciamo che quasi quasi si facevano sempre da Tatuneddu Liga, perché poi lui gli scioglieva nell’acido .. omissis… mi hanno detto che l’hanno messo dentro il forno di Tatuneddu Liga, il forno, un forno dov’è che si .. lui faceva il pane…”.

 

GLI ASSASSINI DI CALOGERO DI BONA

Nel 2010 i figli del sottufficiale si sono rivolti alla Procura di Palermo per far riaprire le indagini sulla scomparsa di Di Bona. I magistrati Francesco Del Bene, e Amelia Luise sono tornati così a interrogare diversi collaboratori di giustizia, vecchi e nuovi. La Procura di Palermo ha individuato nel 2012 gli assassini del Maresciallo che voleva riportare la legalità all'interno del carcere Ucciardone riconducibili a Cosa nostra.

I collaboratori di giustizia hanno raccontato che fu sequestrato, e ucciso nel giardino di una casa colonica, localizzabile nel quartiere Cardillo, zona Città Giardino a Palermo. Il mandante fu Saro Riccobono, boss di Partanna Mondello, mentre i responsabili, individuati dalla Procura della Repubblica, e dagli uomini della DIA, guidati dal Capo Centro di Palermo Colonnello R.S. e dal Tenente Colonnello A.T. accusati dell'omicidio sono: Salvatore Lo Piccolo e Salvatore Liga detto Tatunieddu, proprietario del forno dove bruciava i cadaveri; I due mafiosi vengono condannati all'ergastolo dalla prima Corte d'Assise di Palermo il 18 luglio 2014. Mentre la terza Corte d'Appello di Palermo il 2 novembre 2015 riconfermava le condanne all'ergastolo. Il 20 aprile 2017 la Corte di Cassazione a Roma, mette la parola fine con tanto di sigillo, per l'unico mafioso rimasto in vita, Salvatore Lo Piccolo.

 

IL MOVENTE DELL'OMICIDIO

Nelle motivazioni della sentenza, viene raccontata tutta la storia del maresciallo Di Bona.

Pochi giori prima, il 6 agosto, il boss Michele Micalizzi e altri cinque mafiosi avevano pestato a sangue l'Agente di Custodia Antonio Angiulli, che subì un pestaggio come mai ne erano accaduti nel carcereuno. Ma la direzione del carcere non aveva preso alcun provvedimento per i responsabili del raid. Accadde l’imprevisto: una lettera anonima scritta da alcuni agenti del carcere, denunciò l’accaduto non solo alla procura generale, ma anche al giornale L’Ora. "Se fosse stato un altro detenuto veniva subito isolato — accusavano — invece il bastardo, condannato a 20 anni per l’uccisione del nostro compianto collega Cappiello, viene trattato con i guanti bianchi". Scattò un’ispezione al Grand hotel Ucciardone dopo quella lettera. I mafiosi andarono su tutte le furie, rapirono Di Bona per tentare di conoscere i nomi degli autori dell’anonimo.

Meno di un anno dopo, nello stesso carcere, venne ucciso l'Agente di custodia Pietro Cerulli

Agente di custodia all'Ucciardone è ucciso in un agguato

 

UNA FINE TERRIBILE

Fece una terribile fine il Vice Comandante. "Quel giorno dovevamo strangolare anche due ladruncoli dello Zen", racconta il pentito Francesco Onorato, che non sa neanche il nome di quei ragazzi ribelli. "Tutto andò bene. Dei ladri dello Zen non se ne parlò, perché era una cosa di routine. Invece, Di Bona era una cosa eclatante, venne portato da Liga, poi strangolato e bruciato su una graticola". Onorato non tralascia alcun particolare: "Il cadavere si strangolava sopra una coperta, così se usciva, scusando l’espressione, un po’ di pipì o un po’ di sangue, rimaneva tutto lì. Non restava un capello. Poi portavamo i cadaveri a Liga, che li metteva anche dentro il forno del pane. Lui diceva sempre: non facciamo che li avete spogliati tutti, mi avete lasciato qualche cosa? Tipo collane, portafogli. Lui si prendeva queste cose. Era la sua ricompensa".

 

MEDAGLIA D'ORO AL VALOR CIVILE

"In servizio presso la Casa Circondariale di Palermo Ucciardone, pur consapevole del grave rischio personale, con fermezza e abnegazione improntava la propria attività lavorativa a difesa delle Istituzioni e contro le posizioni di privilegio tra i reclusi, fra i quali erano presenti alcuni nomi eccellenti della locale criminalità organizzata. Per tale coraggioso comportamento fu vittima di un sequestro senza ritorno che, solo in epoca recente, si è accertato essere culminato in un omicidio, di cui sono stati individuati e condannati all’ergastolo gli esecutori materiali, risultati appartenenti a cosche mafiosi. Nobile esempio di uno straordinario senso del dovere e di elevate virtù civiche, spinti fino all’estremo sacrificio." - Palermo, 28 agosto 1979 - Data del conferimento: 3 agosto 2017

 

CARCERE PALERMO UCCIARDONE "CALOGERO DI BONA"

L'8 gennaio 2018 l'Ucciardone prende il nome di "Casa di Reclusione Calogero Di Bona"

 

RICONOSCIMENTI E INTITOLAZIONI

Il 21 luglio 2008 gli viene dedicata la Caserma dell'Istituto Palermo "Pagliarelli".

Il 28 agosto 2009 il Comune di Villarosa dedica a Calogero Di Bona l'aula consiliare, con riconoscenza e quale esempio per le giovani generazioni.

Nel "Giardino della Memoria" di Ciaculli, alle porte di Palermo, il 28 Agosto 2018 viene piantumato in sua memoria un albero di Alloro.


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