Interrogati dal gip di Nuoro Claudio Cozzella, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere G. C., 61 anni di Onani', e B. T. C., 54 anni Lode', rispettivamente impiegato e agente penitenziario della casa circondariale di Mamone, finiti agli arresti domiciliari per aver messo in piedi un sistema predatorio di beni del proprietà del carcere: tonnellate di legna e decine di chili di carne e di formaggio sottratti e rivenduti all'esterno.
Il giudice ha confermato la misura dei domiciliari per C., attenuando invece quella per C., che avrà solo l'obbligo di dimora. Stessa prescrizione per E. T., 53 anni di Onani, moglie di C., indagata nel filone d'iinchiesta relativo alla coltivazione di marijuana.
Le accuse per C. sono legale alla scoperta nel suo armadietto a Manome di tre timbri della Assl, serviti, ritengono gli inquirenti, per certificare i prodotti trafugati e poi rivenduti. Per i due dipendenti infedeli, difesi dagli avvocati Ivano Iai e Angelo Merlini, sono scattate le accuse di peculato, truffa ai danni dello Stato, furto e ricettazione, nel caso di C. anche per le piantagioni di cannabis individuate e sequestrate nel corso delle indagini. Gli altri quattro indagati per la coltivazione e lo spaccio di marijuana - M. C., 31 anni di Isili, V. M. C., di 45 di S., M. P. di 31 di Elmas, e M. T., di 54 di Onani' - verranno sentiti in altre sedi dai giudici competenti per territorio.
Le indagini coordinate dalla procuratrice di Nuoro Patrizia Castaldini e dal pm Ireno Satta, erano partite nel 2017 con la scoperta all'interno del carcere di alcune dosi di marijuana e diversi telefoni cellulari, i cui tabulati hanno portato alla scoperta dei comportamenti infedeli dei dipendenti e al giro della coltivazione e spaccio di cannabis. Indagini culminate nel 2019 con i primi arresti e il sequestro di diverse piantagioni.
La svolta con l'individuazione di altri soggetti che hanno portato all'accusa di peculato per le razzie all'interno del carcere.
ANSA