La 'ndrangheta tutta capre e sequestri non è mai esistita. Sin da quando nell'isola di Favignana, a fine 800, mescolarono in carcere politici e criminali, si è data un tono, un'organizzazione simil-nobiliare, riti e linguaggi esoterici e prospettive imprenditoriali. Ma ora c'è un cambiamento epocale.
La google-generation ha modificato consuetudini e codici d'onore. Spietati, ma dai piedi d'argilla, i nuovi boss sono attratti dal potere, ma anche dal lusso, dalle amicizie glamour, dalle Ferrari, dai casinò e dalle vacanze. E, se catturati squarciano il velo sull'organizzazione criminale più impenetrabile. A fornirne una fotografia puntuale e appassionante il procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, nel saggio scritto con Antonio Nicaso: "La rete degli invisibili".
Procuratore Gratteri com'è la 'ndrangheta 2.0?
"Perfettamente integrata. Si muove come noi. Frequenta gli stessi luoghi. Ha le stesse abitudini. A partire dai social".
Ma è possibile tracciare un identikit dei componenti?
"Certo, anche psichiatrico".
Psichiatrico?
"Finora sono stati descritti dal punto di vista sociologico, noi, grazie ad amici psichiatri, abbiamo indagato il lato oscuro della psiche mafiosa".
E cosa emerge?
"Una sindrome paranoica. Sono feroci, ma con una grande fragilità. I figli dei boss, sin da piccoli sono costretti a imparare il rispetto per i capi, l'odio per lo Stato e per i traditori. E devono sapere che le offese si lavano col sangue e ci si sposa solo con donne di mafia".
E loro obbediscono ancora?
"Non sempre. Il boss Luigi Bonaventura racconta come "pativa ad essere all'altezza delle aspettative del padre e dei maschi del clan". E invece adesso nelle intercettazioni si comincia a sentir parlare dell'omosessualità nei clan".
Accettata?
"Mai. Anche se un fido luogotenente invia al boss Giovanni De Stefano lettere appassionate. E un altro, intercettato, parla delle sue "avventure omosessuali". Il mito dell'uomo di ghiaccio con le donne che cadono ai suoi piedi si frantuma, in segreto".
Nella 'ndrangheta non parlava nessuno. Ora c'è chi si pente. Perché?
"Nessuno si pente. Collaborano perché reggono sempre meno il carcere. Non ce la fanno a restare in silenzio in un buco per 40 anni come i loro bisnonni patriarchi. Nell'ultimo anno quattro figli di boss hanno parlato. È un punto di vulnerabilità e con un sistema giudiziario più performante potremmo sfruttarlo per fare passi da gigante. Per questo la politica non deve sgretolare la legislatura antimafia".
Vuole dire che non va abolito l'ergastolo ostativo?
"Esatto. Dalle mafie si esce o da morti o perché si collabora. Chi tace va esaudito quindi è sempre pericoloso".
Lei descrive una 'ndrangheta "meno sangue e più trame segrete". Quali trame?
"Ci sono mondi diversi uniti da un comune vincolo massonico e da obbedienze di varia natura e dal legame a ordini cavallereschi e logge deviate. Nicola Femia, "riservato" del clan Mazzaferro dice di aver portato in Vaticano soldi destinati all'acquisto di droga in Colombia. Virigilio, massone, parla di una sorta di P2 dove avrebbe incontrato generali, ministri, politici. Parlano di processi aggiustati. Come disse il sindacalista Sebastiano Altomonte alla moglie: "C'è la visibile e l'invisibile e noi siamo nell'invisibile e la conoscono in pochi".
Non si uccide più, perché?
"Non serve. Si compra. C'è un abbassamento dell'etica generale. E le amministrazioni pubbliche sono sempre più permeabili, prone e corruttibili".
Da Tangentopoli non è cambiato nulla?
"Sì, in peggio. Si è arrivati all'assuefazione. Si frequenta il boss perché è ricco, potente, magari è sponsor o proprietario di una squadra di calcio. E si fa finta di nulla".
Magari, fuori dalla Calabria, non si sa chi è...
"Ce lo dicono gli imprenditori indagati al Nord. Ma se ottieni ribassi del 40% lo sai. E poi la pagherai. Come dice Nicodemo Filippelli, del "locale" di Legnano all'imprenditore usurato: "Io ti ho sistemato e io ti distruggo a cazzotti".
È ancora l'organizzazione criminale più potente?
"In Colombia compra la cocaina a 1.000 euro al Kg. Gli altri a 1.800. Si vende a 50 euro al grammo. Per prima investì in droga i soldi dei sequestri, mandò decine di broker in Sudamerica con le loro famiglie, ha avuto rapporti addirittura con le Farc guidate dall'italiano Salvatore Mancuso e per inviare le banconote di pagamento ha contatti frequenti con i terroristi islamici salafiti. Ma ora c'è un salto di qualità".
Ovvero?
"Da spettatrice vuole diventare protagonista della politica".
Tra poco si vota in Calabria. La 'ndrangheta su chi punta?
"I patti indecenti si fanno nelle ultime 48 ore. Quando scatta la paura di non farcela si è più disposti a incontrare il boss. E quando un capomafia indica un sindaco lo votano. Poi, per la legge Bassanini, questi nominerà i tecnici".
Per dare appalti ad amici?
"Non solo. Il boss Francesco Oliverio racconta come ha sgomberato un campo rom: "Glielo abbiamo detto 1, 2, 3 volte. Poi gli abbiamo messo una stecca di dinamite sotto una roulotte disabitata. La mattina erano andati via. La 'ndrangheta col popolo ci sa fare".
Da procuratore di Catanzaro lei sta facendo crollare il tabù dell'omertà dei calabresi. Come?
"Non sono né omertosi né masochisti. Non sanno con chi parlare. Un giorno alla settimana dalle 14 alle 22 ricevo tutti: usurati, estorti, concessi, una quota di pazzi. In coda ne ho 200. Vengono da altre regioni, anche dall'estero. Li ascolto e li smisto dai miei collaboratori carabinieri, poliziotti e finanzieri. Non è bello?".
Bellissimo come il suo ottimismo. Pensa che la 'ndrangheta si possa distruggere?
"Bisogna indagare sulle "teste pensanti". Finalmente si fa, anche in Calabria. Servono cambiamenti normativi, ponendo mano ai codici nella consapevolezza di trovare una forte convergenza politica su una battaglia di civiltà. Poi dovrà pensarci la scuola".
Hanno smesso di minacciarla?
Ride. "Cerchiamo di stare attenti".