Muore mentre tenta d'evadere per non partorire in prigione
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STORIA Muore mentre tenta d'evadere per non partorire in prigione 09/09/1971 

E' una jugoslava di 39 anni - Voleva che il figlio venisse alla luce fuori dal carcere - La donna era stata arrestata per sfruttamento.

Una detenuta è morta la scorsa notte durante un tentativo di evasione dalle carceri del Croneo a Trieste. La vittima si chiamava Darinka Iovanovic, in Vukovic, di 39 anni, nata a Belgrado. Era stata arrestata poco più di un mese fa sotto l'accusa di sfruttamento della prostituzione ed era in attesa di giudizio. La donna è precipitata dal tetto delle carceri mentre si calava con un filo di ferro in un cortiletto interno, che si affaccia sulla strada ed è delimitato da un'inferriata alta un paio di metri. Mentre scendeva il filo si è spezzato; la donna ha fatto un volo di dieci metri circa e si è sfracellata in un giardinetto. Il corpo è stato trovato stamane dagli agenti di custodia.

La Iovanovic era in attesa di un figlio. Secondo le dichiarazioni raccolte in carcere, era una detenuta modello. L'unica sua preoccupazione era il bimbo che stava per nascere, i « Non voleva che venisse alla luce in una prigione — hanno detto alcune compagne della Iovanovic — era preoccupata per questo, anche perché il processo non era stato ancora denso ». E' stato accertato che la porta della cella che ospitava la Jugoslavia non era stata chiusa. Sull'episodio e stata aperta un'inchiesta.

La detenuta, che avrebbe dovuto dare alla luce un bimbo tra due mesi, era stata rinchiusa in una cella singola proprio j per le sue condizioni. La notte scorsa, è uscita e si è recata nella lavanderia del carcere. Qui si è impadronita di un rotolo di fil di ferro lungo una decina di metri. Lo ha intrecciato in modo da formare una corda resistente. Sempre senza essere notata da alcuno, è salita sul tetto, alto quindici metri dal suolo. Ha rimosso alcune tegole ed ha fissato un'estremità del filo ad un camino. Poi ha gettato nel cortiletto sottostante un fagotto con gli indumenti che aveva portato con sé. , la cella cne ospltava la Per l'evasione, la Iovanovic aveva scelto un punto del tetto che fa angolo e che guarda sul cortiletto-giardino tra il palazzo di Giustizia e la prigione. Ha calato lentamente il filo sino a terra, poi I ha cominciato la discesa. Aveva fatto appena .due metri, quando la rudimentale corda si è spezzata e la jugoslava è caduta, morendo sul colpo.

Nessuno nel carcere si è accorto di quanto era accaduto. Soltanto stamane, verso le otto, il corpo della donna è stato notato tra i cespugli del giardinetto. Gli agenti di custodia hanno dato l'allarme. Interveniva un medico, il quale non poteva far altro che accertare la morte della Iovanovic, stabilendone l'ora verso le due della notte. Sul luogo giungevano funzionari della « squadra mobile », il pretore dottor Mario Lo Sapio e il sostituto procuratore della Repubblica, dottor Vittorio Borraccetti. Veniva aperta una inchiesta. Si dovrà accertare perché jugoslava era aperta e come mai nessuno dei sorveglianti ha notato il tentativo di evasione.

Sembra che la detenuta, dato il suo avanzato stato di gravidanza, avesse in carcere una certa libertà. Il suo comportamento non aveva mai dato adito a sospetti. Le indagini tendono anche a stabilire se avesse intrecciato una relazione in carcere; questa ipotesi è stata però esclusa nel modo più assoluto dagli agenti di custodia interrogati. La Iovanovic si confidava poco con le compagne. « Era tranquilla e preferiva starsene da sola — hanno detto le altre detenute. — Unica sua preoccupazione era il figlio che doveva nascere.

La Stampa 9 settembre 1971
 


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