Due mani che si sfiorano e un foglietto di carta che passa di mano: non è sfuggito quel movimento furtivo, al termine del colloquio in carcere a Monza, tra il detenuto Fortunato Galati, classe 1978, e il cognato Matteo Rombolà, 1987, che era andato a fargli visita. Su quel pizzino, intercettato dagli agenti della Polizia Penitenziaria, c’era scritto il nome della direttrice del carcere, Maria Pitaniello.
La stessa alla quale, poche settimane dopo, era indirizzata una lettera minatoria contenente tre proiettili.
Era il 2014 e da quell’episodio è nata la vicenda per la quale si sta celebrando il processo a Como a carico di Matteo Rombolà e Fortunato Bartone, classe 1973, come spezzone a parte dell’inchiesta Quadrifoglio, che vede al centro di appalti truccati e malaffare in tutta la Lombardia proprio la cosca dei Galati.
Molteplici episodi, già definiti in giudizio abbreviato a Milano, per i quali è pendente il ricorso in Cassazione, il 22 giugno prossimo. l processo, di fronte al tribunale in composizione collegiale, è stato aggiornato al 2 ottobre: prima si attende di conoscere il giudizio pendente in Cassazione sull’intera inchiesta.
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