Caos a Brasilia. Jair Bolsonaro ha preteso le dimissioni del capo della Policia Federal (una sorta di FBI in salsa verdeoro) Mauricio Valeixo, per sostituirlo con un uomo di sua fiducia. La notizia non ha lasciato indifferente il ministro della giustizia Sergio Moro, ex giudice federale, che ha deciso di presentare le sue dimissioni.
Valeixo era un ex agente dei federali che proprio con Moro aveva lavorato a Curitiba durante le indagini dell’operazione Lava Jato, la gigantesca indagine di corruzione (paragonata per proporzioni ed effetti a Mani Pulite) che ha portato all’arresto di politici ed imprenditori che incassavano le tangenti della Petrobras, la più grande compagnia petrolifera del Paese. L'espressa intenzione del Presidente della Repubblica di mettere la mordacchia alla Policia Federal è stato il detonatore della decisione di Sergio Moro, che proprio da Bolsonaro era stato chiamato a novembre 2018 per prendere le redini del ministero dopo l’ottimo lavoro svolto nella Justiça Federal di Curitiba. Una scelta che si era attirata le critiche di buona parte della società brasiliana dato che Moro, da giudice, aveva decretato la prigione di Lula (condannato a 10 anni per corruzione e lavaggio di denaro), che in questo modo non aveva potuto partecipare alle elezioni presidenziali, vinte poi da Bolsonaro.
“Quando ho deciso di accettare la proposta del Presidente ho sempre pensato che potessi essere una garanzia per la legge” - spiega Sergio Moro in conferenza stampa trattenendo a stento le lacrime. Durante il primo incontro con Jair Bolsonaro, prosegue l’ex ministro, i due avevano parlato di lotta alla corruzione, di contrasto al crimine organizzato e di criminalità predatoria da strada. Infine si erano congedati dopo che l'allora giudice federale aveva ottenuto diverse garanzie: “Mi venne promesso che avrei avuto carta bianca al Ministero. Oltre al fatto che se mi fosse successo qualcosa la mia pensione di 22 anni in magistratura sarebbe finita alla mia famiglia”. Proprio per questo accettò l’incarico.
Tutto sembrava andare a gonfie vele per una figura che, sondaggi alla mano, aveva un indice di popolarità pari quasi a quello di Bolsonaro. Dal secondo semestre del 2019 le cose cambiarono. “C’è stata una sua insistenza di cambiare gli organi di comando della PF. Non è la mia funzione quella di fare delle nomine, il mio ministero si caratterizza per l’autonomia”. Moro non ha mai accettato una scelta politica per un incarico tecnico e lo ribadisce più volte ai giornalisti: “Ho sempre detto a Bolsonaro, che il problema non è cambiare il direttore della PF ma il bisogno di una giusta causa. Se ha sempre lavorato bene perché è necessario sostituirlo?”.
Lo stesso ex ministro aggiunge anche il motivo che, a suo dire, lo stesso Presidente della Repubblica gli avrebbe confidato: “Lui mi ha detto più volte che voleva una persona di sua fiducia che poteva avere un rapporto diretto con lui e che potesse raccogliere delle informazioni per lui”. Insomma, Bolsonaro avrebbe intenzione di piazzare ai massimi vertici delle forze armate figure appartenenti al proprio cerchio magico per fare attività di dossieraggio, simile a ciò che avveniva durante la dittatura della giunta militare. Sergio Moro rincara la dose e accusa: “La Lava Jato è stato il mio più grande lavoro e dal 2014 abbiamo avuto una costante preoccupazione in merito all’interferenza delle forze di governo poiché molti dei suoi esponenti erano coinvolti nell’inchiesta.
Oggi però stiamo assistendo ad un'interferenza e ad una pressione politica che nemmeno in quel periodo abbiamo vissuto”. Tutto questo Moro non lo può accettare, così come non ha gradito la partecipazione di Bolsonaro alla manifestazione dei militari che chiedevano la chiusura del Parlamento. “Il Presidente mi ha fatto capire che non mi vuole più in questo incarico. Ho avuto molte divergenze con lui ma di questo ne parlerò in un'altra occasione.”
Un’affermazione che potrebbe essere il preludio ad un suo futuro impegno politico, forse per le vicine elezioni di ottobre 2021: “Starò a disposizione del mio Paese. Rispettando la regola che ho sempre seguito al Ministero della giustizia, quella di fare sempre la cosa giusta”.
antimafiaduemila.com
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