Lettere sospette: Cassazione respinge il ricorso del boss della camorra al 41-bis nel carcere di Novara
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MAFIA 41-BIS Lettere sospette: Cassazione respinge il ricorso del boss della camorra al 41-bis nel carcere di Novara 04/02/2020 

Confermato il blocco delle lettere per il boss di Ponticelli Salvatore De Micco detenuto nel carcere di Novara: lo ha stabilito la Cassazione che ha respinto tre ricorsi perché le lettere contengono messaggi in codice.

De Micco, 35 anni, napoletano, è uno degli esponenti della camorra sottoposto nel carcere di via Sforzesca al regime del 41 bis. De Micco, coi fratelli Marco e Luigi, è accusato di avere controllato per anni il quartiere della periferia orientale di Napoli a suon di eliminazione degli avversari dei clan rivali, come pubblicato da lastampa.it

De Micco, che deve scontare l’ergastolo, è ricorso in Cassazione perché a Novara gli sono state bloccate tre lettere, a suo avviso innocue, piene di messaggi cifrati invece per il magistrato di sorveglianza.

Una delle lettere è stata mandata dalla moglie che ricorda al marito un episodio che le sarebbe accaduto in un centro commerciale; quando arriva alla cassa viene riconosciuta e le vengono restituiti i soldi per pagare la merce. Secondo il magistrato il mancato pagamento non sarebbe frutto di un regalo ma il pizzo che i commercianti erano costretti a pagare.

No anche per una seconda lettera, inviata dal fratello del detenuto, perché nella busta era stato trovato uno scritto di un’altra persona, possibilità che non è ammessa per chi è al 41 bis.

Stop anche per la terza lettera che De Micco aveva indirizzato alla moglie. I coniugi parlano di spese inerenti viaggi, vacanze, abbigliamento, interventi di chirurgia estetica, spese che hanno fatto nascere il sospetto che possano essere i proventi di affari illeciti dell’organizzazione criminale del clan.

La Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi confermando la correttezza delle decisioni del magistrato di sorveglianza. A De Micco i ricorsi in Cassazione costeranno anche tre mila euro l’uno da versare alla Cassa delle Ammende.

 


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