Ecco il testo del messaggio consegnato questa notte dai detenuti al procuratore della Repubblica di Viterbo. “Oggi, nove maggio 1975, è stata attuata un'azione che tendeva all'esproprio di tre compagni proletari da tempo sequestrati dalla giustizia borghese. All'azione hanno partecipato attivamente due nuclei armati: uno all'interno ed uno all'esterno con funzioni di appoggio. Un altro nucleo di compagni esterni ha preventivamente fatto prigioniero Giuseppe Di Gennaro (il nome del magistrato sul messaggio dattiloscritto appare scritto a penna su puntini di sospensione, segno evidente che il nome è stato posto successivamente; n.d.r.) un reazionario che da anni è al servizio della repressione di Stato in funzione antiproletaria; attualmente egli viene custodito, interrogato e processato in una prigione del popolo. “Il non raggiungimento dell'obbiettivo inteso nella liberazione di tre compagni, avanguardie reali delle lotte dei detenuti in questi ultimi anni, non significa il fallimento dell'azione, ma attesta e certifica il grado di efficienza organizzativa politico-militare raggiunto; imponderabili eventi hanno costretto il nucleo armato interno a ripiegare su posizioni di stallo e attualmente si trova barricato all'interno della prigione di Viterbo con alcuni uomini della repressione in ostaggio. “L'incolumità fisica degli stessi, l'incolumità fisica di Di Gennaro subordinata all'incolumità fisica del nucleo interno che intende rivendicare la responsabilità politica dell'arresto di Di Gennaro, e di tutte le azioni odiernamente collegate, oltreché motivarle pubblicamente a mezzo stampa Rai-tv. Soltanto con l'adempimento di questa richiesta e dopo la divulgazione del presente messaggio gli ostaggi saranno rilasciati, il nucleo interno dichiarerà la resa, e Di Gennaro sarà posto in provvisoria libertà. “Coscienti che l'attuale sottogoverno Fanfani, che ben interpreta la costituzionale vocazione antiproletaria padronale, come i passati governi Tambroni e Andreotti, avrebbe bisogno oggi di nuovo sangue proletario in suffragio alla ragion d'essere della sua linea politica di cui non ultima espressione è il varo delle leggi speciali, ufficialmente approvate in questi governi, coscienti di questo il nucleo interno non baratterà la propria libertà né provocherà scontri a fuoco, ma risponderà a qualsiasi tipo di aggressione con le armi, compreso l'esplosivo. “La scelta del settore d'intervento da parte dei Nap è determinata dall'importanza che riveste il settore stesso, nel quale si trova la maggior concentrazione controrivoluzionaria che si traduce nell'apparato repressivo: colonna portante dell'organizzazione egemonica sulla quale si basa la perpetrazione dello sfruttamento e asservimento al capitale. "Considerando giuste e rivoluzionarie le lotte dei detenuti francesi, inglesi, tedeschi, statunitensi eccetera; e più da vicino degli italiani (le nostre), non solo perché esse tendono alla reale abolizione dei codici-banditi fascisti e all'acquisizione di quegli elementari diritti umani e sociali sino a ora negati, ma proprio perché vanno a collocarsi nella più vasta strategia della giusta lotta di classe portata avanti dal proletariato provvisoriamente libero solo se sfruttato, del quale i detenuti sono parte integrante, pur declassata, che non si può né si deve, per giustizia e coerenza politica, ignorare. “I prigionieri della politica capitalista han preso coscienza, pagandola sulla e con la propria pelle, della scienza marxiniana alla quale non poco e non ultimo ha contribuito Bruce Franklin e perciò si organizzano, lottano e lotteranno pur ignorati volutamente dai comunisti revisionisti, pur gettati a mare dal codismo extraparlamentare, pur massacrati, alienati, assassinati, violentati nella loro umanità dal potere democristiano, nei modi, tempi e luoghi che di volta in volta si renderanno necessari. “I detenuti, i sottoproletari, i cosiddetti "delinquenti", prima ancora di essere tali sono investiti disoccupazione, dell'ignoranza, dello sfruttamento, della fame, della miseria della cultura dell'organizzazione sociale della dittatura borghese. Ed è a questa violenza che i Nap oppongono la loro organizzazione rivoluzionaria posta in essere quale unico evolutivo sbocco di lotta che non presenti le caratteristiche compromissionarie dei revisionisti, quelle opportunistiche extraparlamentari, entrambe politiche fallimentari ormai del tutto funzionali alla complessiva stabilità del potere borghese. W le lotte dei detenuti, lotta armata per il comunismo, creare organizzare 10, 100, 1000 Nap”.
La Stampa 11 maggio 1975