L'ergastolano che ha ucciso per evadere aveva comprato la rivoltella in carcere?
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STORIA L'ergastolano che ha ucciso per evadere aveva comprato la rivoltella in carcere? 04/01/1974 

 

Secondo dichiarazioni anonime non è difficile procurarsi armi all'interno della casa di pena di Civitavecchia : si vende tutto, basta avere quattrini - L'evaso, morto nel conflitto, s'è sparato un colpo alla fronte.

La storia di Edoardo Mazza, che ha ucciso una guardia, ha ferito un ufficiale dei carabinieri ed è rimasto fulminato in un conflitto a fuoco, è chiusa: si passa alla fase delle inchieste. La domanda più incalzante è: come ha potuto procurarsi una pistola? Gli investigatori sono quasi certi che nessuno dei familiari (l'ultima visita il Mazza la ricevette il 16 dicembre) sia responsabile. Edoardo Mazza aveva già in mente la fuga; lo dimostra il fatto che non aprì neppure il pacco che sua madre, Teresa Margiotti, gli aveva dato.

Abbiamo raccolto numerose dichiarazioni, anonime. Riferiscono che non è difficile entrare in possesso di armi all'interno del carcere, perché si vende tutto: basta avere quattrini. Sono voci che devono avere una risposta ufficiale da parte di chi sta conducendo l'inchiesta amministrativa, disposta dal ministro di Grazia e Giustizia. Oggi al cimitero di Civitavecchia sono proseguite le autopsie sul corpo della guardia uccisa e su quello dell'evaso. Mazza sarebbe morto, colpito da una pallottola di mitra al polmone. Il corpo dell'uomo presenta altre tre ferite. Una, alla fronte destra, è stata sparata dallo stesso evaso; mentre gli agenti delle forze dell'ordine mitragliavano il suo rifugio, aveva pensato di togliersi la vita invece di arrendersi.

La sua pistola, una calibro 22 lungo, è all'esame degli esperti che tentano l'identificazione, difficile perché parte del numero di matricola è limato. Domani si svolgeranno i funerali dell'agente di custodia Giuseppe Passerini. La città è a lutto; ai familiari è giunto un messaggio di cordoglio del presidente della Repubblica. Passerini lavorava in carcere da dieci anni; era contento di stare vicino al paese dove era nato, Caprarola, e di avere con sé la moglie e i due figli. Viveva in una casa semplice ed era di animo buono. Nel carcere si comportava con estrema correttezza. Oggi i detenuti di Civitavecchia hanno tutti firmato una lettera di solidarietà alla moglie, Teresa. Restano stazionarie e gravi le condizioni del tenente colonnello Angelo Nannavecchia, ferito all'inizio dello scontro a fuoco decisivo. La ferita che preoccupa di più i medici è quella che ha rotto l'osso pubico dell'ufficiale; per questo non è stata ancora sciolta la prognosi.

La reazione alla morte del Mazza della madre, Teresa Margiotti, è straziante. La donna è disperata e non vuole convincersi di quanto è successo: «Lo avevo visto — dice — contento; credevo che si fosse rassegnato, poteva dipingere, aveva amici nel carcere ». La personalità di Edoardo Mazza era tutt'altra di quella di un rassegnato. Scriveva memoriali, dipingeva per diventare famoso, amava la popolarità ad ogni costo. Basta soffermarci per un momento davanti ad un suo disegno che porta la data del 4 novembre, uno degli ultimi fatti in carcere. E' duro, senza mezzi termini. Da una buca emerge la mano di un uomo che stringe una sbarra di cella spezzata e contorta, sullo sfondo un carabiniere armato fa la guardia ad un uomo in frac seduto su un mucchio di dollari. Le scritte tutt'intorno sono contestatarie; parlano di «odio accumulato in questi anni verso tutta la società». Mazza non si era mai arreso alI'idea di non poter diventare un grande artista. Le cronache avrebbero dovuto parlare di lui per forza. E così è stato; il giorno del suo arresto scrisse: «Mi sentivo importante come un divo». La conclusione della sua breve vita è l'epilogo logico; quello che aveva cercato fino al punto di uccidere.

La Stampa, 4 gennaio 1974


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