Alla medicina penitenziaria è affidato il compito della prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione in carcere, considerando la situazione limitativa imposta al paziente, al fine di assicurare i necessari indici di salute in maniera compatibile con la sicurezza della struttura ed il rispetto del paziente detenuto.
La tutela della salute in carcere è non solo diritto del soggetto, ma è anche finalizzata a stimolare la persona detenuta a considerarsi non esclusa dalla comunità sociale. Secondo un modello assistenziale attivo, teso a favorire la promozione della salute, la continuità dell’assistenza e la presa in carico della persona è fondamentale. In questo contesto sarebbe utile operare ancora di più attraverso un team interprofessionale con la condivisione dei percorsi assistenziali, in cui il paziente è parte attiva del processo e sostenuta attraverso interventi di educazione terapeutica e counseling.
L’assistenza infermieristica in carcere fa riferimento ai principi dell’infermieristica di comunità, delle cure primarie e dell’educazione sanitaria e terapeutica. Si passa da un’assistenza prestazionale al prendersi cura, dai servizi sulla persona ai servizi con la persona, e dai servizi della medicina d’attesa alla medicina d’iniziativa.
Questo ruolo diventa più complicato a causa di una serie di motivi legati alle condizioni di vita del detenuto. Il problema limitativo principale riguarda il contesto operativo in cui si opera; la persona viene privata della propria libertà, dei propri beni e servizi e della propria autonomia.
Sono persone costrette a vivere in spazi angusti per un periodo di tempo, spesso non prevedibile, seguendo ritmi e regole stabiliti da altre persone, ed obbligati a vivere una convivenza forzata. Il detenuto diventa un assistito particolare perché ha assunto una visione distorta della concetto di salute, ovvero nella scala del soddisfai cemento dei bisogni, la salute cede il posto al grande desiderio di riacquistare la libertà perduta, quindi la salute non è più il fine, ma il mezzo per riottenere la libertà.
Per questo motivo spesso i detenuti strumentalizzano la salute provocando situazioni in cui vengono simulati i sintomi o atti di autolesionismo. (esempio: omissione volontaria di assunzione di farmaci scaduti, ingestione volontaria di farmaci in dosi tossiche o sciopero della fame e sete).
In conclusione, all’interno di questo ambiente, è difficile anche per l’infermiere operare in modo completo, in quanto le difficoltà infermieristiche sono rappresentate da:
• scarsa soddisfazione derivata dalla difficolà di valutazione dei risultati
• frequenza di episodi cruenti che generano ansia nell’operatore
• contrasto con i propri valori morali e culturali
• difficoltà nella relazione infermiere-assistito
• la domanda di assistenza è sempre mediata dal personale di custodia, quindi rapporto limitato
• sottostima del dolore
• rischio che i pregiudizi influenzino la valutazione
• difficoltà di discriminazione dei casi simulati da quelli reali
• sottosima delle situazioni a rischio clinico
• sottostima del disagio psicologico
assocarenews