Il nuovo ordinamento penitenziario ha ottenuto oggi il “sì” definitivo del Senato. La riforma, trascinatasi da un ramo all'altro del Parlamento per tre legislature, è giunta in porto “corretta” in quelle parti che più avevano suscitato dubbi e preoccupazioni circa un'efficace difesa della società dinanzi al dilagare della delinquenza. Ha finito così con l'ottenere più vasti consensi, anche se non sono mancate le riserve sia di chi la voleva più incisiva, sia di chi la trova ancora troppo “permissiva”. Stavolta hanno votato in favore tutti i gruppi, compreso quello comunista, mentre liberali e missini si sono astenuti (alla Camera l'estrema sinistra si era astenuta e le destre avevano votato contro).
La riforma entrerà in vigore quindici giorni dopo la sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale ed entro sei mesi il ministro di Grazia e Giustizia dovrà emanare il regolamento di attuazione. Con il voto di oggi, l'assemblea di palazzo Madama ha ratificato il testo varato nel dicembre scorso dalla Camera, che aveva apportato notevoli modifiche a quello approvato, esattamente un anno prima, dai senatori.
Si è riconosciuto, comunque, che sono rimasti intatti i principi ispiratori della riforma, attraverso la quale si vuole che la pena, resa più umana, sia rivolta alla rieducazione del reo, per consentire il suo successivo reinserimento nella società, come prescrive la Costituzione. La modifica maggiore operata dai deputati riguardava i “permessi speciali” di cinque giorni che, secondo il Senato, avrebbero dovuto essere concessi ai detenuti di buona condotta perché potessero mantenere le loro “relazioni umane” (con questo eufemismo si cercava di risolvere il grave problema sessuale dei carcerati). La Camera non aveva ritenuto opportuno mantenere la norma per gli inconvenienti che avrebbe potuto originare una simile concessione, non sottoponibile di per sé ad alcun controllo di cautela. “Non si può tuttavia ignorare la gravità del problema sessuale nelle carceri, e il governo auspica che in un prossimo avvenire si possa trovare una soluzione legislativa adeguata”, ha detto oggi il ministro Reale nel discorso pronunciato prima del voto.
La riforma contiene disposizioni minuziose sul trattamento dei detenuti e sulle caratteristiche del penitenziario. Il vestito a strisce è abolito. Le celle dovranno essere ben aerate, riscaldate, illuminate, dotate di servizi igienici riservati, e possibilmente non dovranno ospitare più di un detenuto. E' prevista anche una presa di corrente per l'uso del rasoio elettrico (oggi i detenuti possono farsi radere solo dal barbiere, che spesso è un altro detenuto) e dovrà essere assicurata a ciascuno la disponibilità di acqua potabile. I carcerati potranno essere anche autorizzati a telefonare ai familiari e la loro corrispondenza sarà controllata solo su richiesta motivata del magistrato. Salvo contrordine dello stesso magistrato potranno tenere con sé libri e riviste. Il lavoro sarà favorito ed i detenuti potranno chiedere di essere impiegati in occupazioni conformi alle loro attitudini. Saranno assicurate, oltre alla libertà religiosa, le attività culturali, ricreative e sportive. L'alimentazione dovrà essere “sana e sufficiente” e sarà controllata da una rappresentanza sorteggiata dei detenuti. E' prevista la possibilità di organizzare corsi della scuola d'obbligo e di addestramento professionale; potranno anche essere istituite scuole di secondo grado. Al lavoro saranno obbligati i soli condannati o sottoposti alle misure di sicurezza della casa di lavoro o della colonia agricola. Innovando profondamente l'attuale regime carcerario, la legge stabilisce che la durata delle prestazioni lavorative non potrà superare i limiti stabiliti dalle leggi sul lavoro; saranno garantiti il riposo festivo, la tutela assicurativa e previdenziale e una retribuzione non inferiore ai due terzi delle normali tariffe sindacali, compresi gli assegni familiari (il detenuto dovrà però versare una quota della remunerazione come rimborso allo Stato delle spese per il suo mantenimento).
In determinati casi sono previste misure alternative alla detenzione quali l'affidamento in prova al servizio sociale e il regime di semilibertà. Qualora ricorrano gravi ed eccezionali motivi di ordine e di sicurezza, il ministro della Giustizia ha la facoltà di sospendere, in tutto o in parte, per il periodo strettamente necessario, le regole previste dalla riforma, per la cui attuazione sono stati stanziati, per quest'anno, 25 miliardi di lire.
La Stampa 18 luglio 1975