La riforma carceraria è tornata alla Camera. Dura da tre anni il suo tormentato cammino
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STORIA La riforma carceraria è tornata alla Camera. Dura da tre anni il suo tormentato cammino 12/12/1974 

II provvedimento dovrebbe essere approvato entro venerdì, frattanto dovrà ancora una volta essere sottoposto al Senato per il voto definitivo - Come il nuovo ordinamento prevede un maggiore rispetto per la personalità del detenuto Dopo un mare di parole.
La Camera ha ripreso oggi, dopo la lunga parentesi dovuta alla crisi di governo, a discutere la riforma dell'ordinamento penitenziario cominciando l'esame degli articoli che la compongono e degli emendamenti proposti, con intenti diversi, soprattutto dalle opposizioni di destra e di sinistra. L'assemblea ha però dovuto sgombrare prima il campo da due richieste presentate dai missini, gli unici ad essere contrari in linea di principio a una riforma che essi giudicano troppo permissiva: la prima tendeva ad affossare definitivamente il provvedimento proponendo il non passaggio agli articoli; con la seconda si voleva invece far tornare la riforma in commissione perché la discutesse in sede redigente, lasciando cioè all'assemblea solo il compito di approvarla nel suo complesso. Anche in questo caso era evidente lo scopo che l'estrema destra si prefiggeva, quello cioè di ritardare ancora una riforma che si trascina da tre legislature e che è stata ormai approfondita in ogni particolare attraverso dibattiti e indagini parlamentari. Le due richieste sono state respinte con il voto negativo di tutti i gruppi, eccetto naturalmente quello missino. L'assemblea ha successivamente votato i primi 16 dei 90 articoli della legge. Stando alle previsioni, la riforma dovrebbe essere approvata dalla Camera entro venerdì, ma questo atto non sarà che una tappa del suo tormentato iter. Già varata una prima volta dal Senato nel marzo di tre anni fa e decaduta per la fine anticipata della quinta legislatura, fu nuovamente approvata dall'assemblea di Palazzo Madama esattamente un anno fa e adesso dovrà tornarvi in seguito alle numerose modifiche apportate dalla commissione Giustizia della Camera. I princìpi ispiratori della riforma, che attua la norma costituzionale secondo cui la pena deve mirare alla rieducazione del condannato per facilitarne il reinserimento nella società, sono rimasti tuttavia intatti ripudiando una volta per sempre l'impostazione punitiva, segregazionista e autoritaria del regolamento, ancora sostanzialmente in vigore, predisposto nel lontano 1931 dal ministro della Giustizia del governo fascista. Alfredo Rocco. Con il nuovo ordinamento l'esecuzione della condanna sarà umanizzata: la personalità del detenuto dovrà essere rispettata. Scompariranno definitivamente i « letti di contenzione », ogni detenuto sarà indicato con il proprio nome. L'istruzione, il lavoro, gli ambienti in cui i detenuti vivono, e la pratica religiosa, pur nel rispetto della libertà di culto, saranno considerati alla base dell'opera rieducativa del condannato. La parte più qualificante della riforma è tuttavia quella riguardante il complesso delle norme che introducono misure alternative alla detenzione. Allorché la pena non superi i due anni e mezzo di reclusione o tre anni in caso di persona di età inferiore ai ventun anni o superiore ai settanta anni, ed alla pena non debba seguire una misura di sicurezza detentiva, il condannato può essere affidato, in determinati casi, al servizio sociale fuori dell'istituto per un periodo uguale a quello della pena da scontare. Si tratta del cosiddetto « affidamento in prova », durante il quale il condannato dovrà adempiere a certi obblighi e mantenere una condotta irreprensibile. Viene introdotto inoltre il regime della semilibertà, che consiste nel permettere al detenuto di buona condotta, e solo nell'ultima parte del periodo di detenzione, di trascorrere parte del giorno fuori dal carcere per partecipare ad attività lavorative o di istruzione. Ai « semiliberi» saranno concesse anche licenzepremio per trenta giorni complessivi mentre vi saranno abbuoni di pena per coloro che avranno dimostrato di partecipare attivamente all'opera rieducativa. Una serie di norme riguardano infine il reinserimento dell'ex detenuto nella società e il suo avviamento al lavoro. La modifica più importante apportata dalla commissione Giustizia della camera (il problema sarà però riproposto in aula) è stata la eliminazione dal testo pervenuto dal Senato della norma che consentiva ai detenuti che avessero tenuto « regolare condotta » di usufruire di permessi speciali di cinque giorni « anche al fine di mantenere le loro relazioni umane ».

La Stampa 12 dicembre 1974


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