La Corte Costituzionale ha auspicato una maggior cautela e una minor frequenza nel concedere l'amnistia. La raccomandazione è contenuta nell'ultima sentenza pronunciata sotto la presidenza del prof. Giuseppe Branca, che ha lasciato l'incarico per scadenza del mandato.
Nella sentenza depositata in Cancelleria i giudici di Palazzo della Consulta affermano: « L'esigenza prospettata di contenere l'esercizio del potere di amnistia nei limiti più ristretti ... fu bene presente nei costituenti che, nel prevederne la possibilità (...) ne riaffermarono in modo esplicito il carattere del tutto eccezionale così da tarla ritenere validamente consentita solo nel caso della sopravvenienza di circostanze siffatte da condurre a considerare i reati precedentemente commessi non più offensivi della coscienza sociale, in quanto legati ad un momento storico ormai superato ».
Dopo aver ricordato che i provvedimenti di clemenza dar 1946 ad oggi si sono moltiplicati con un ritmo assai superiore a quello del regime fascista, i giudici della Consulta aggiungono però che non rientra nei compiti della Corte « un'indagine volta a sindacare l'ampiezza dell'uso fatto dal Parlamento della sua discrezionalità in materia ». ma che anzi eccederebbe i limiti ad essa assegnati.
L'importante giudizio, che giunge in un momento in cui le polemiche sulla recente amnistia non sì sono ancora spente, è contenuto nella decisione che consentirà d'ora in poi all'imputato di rinunciare all'amnistia per ottenere un regolare processo fino al pieno riconoscimento della propria Innocenza.
I giudici, nel respingere le altre eccezioni, hanno tuttavia ritenuto opportuno chiarire l'Interpretazione di alcune norme poste in dubbio. Hanno perciò affermato che nella diffamazione per mezzo della stampa « quando sia stata commessa nell'esercizio del diritto di cronaca, non può non ammettersi la prova, liberatoria, della verità del fatto diffamatorio, e che, di conseguenza, la diffamazione non va sempre compresa tra i reati coperti, ma tra quelli esclusi dall'amnistia ».
E' questo il caso del direttore di un settimanale milanese intervenuto con alcuni articoli nella vicenda Sandra Milo-Moris Ergas e che aveva dato origine ad alcune querele. Con un'altra sentenza i giudici della Consulta hanno stabilito che il riconoscimento e la regolamentazione della « denominazione d'origine » dei vini spetta esclusivamente allo Stato. La Corte Costituzionale ha respinto con questa decisione il ricorso della Regione Trentino-Alto Adige che aveva impugnato il parere negativo del comitato nazionale sul riconoscimento della denominazione del vino Lago di Caldaro o Caldaro. Ancora il Trentino-Alto Adige e il vino sono stati oggetto di un'altra sentenza della Corte che ha dichiarato illegittima la legge regionale che autorizzava l'impiego del saccarosio come Ingrediente per elevare la gradazione alcoolica di mosti e vini con denominazione d'origine garantita.
La Stampa 16 luglio 1971