Istituti per minori disadattati. Repressione e isolamento non servono a rieducare
Home > STORIA

 

STORIA Istituti per minori disadattati. Repressione e isolamento non servono a rieducare 06/05/1972 

Ogni anno, in Italia, cinquemila ragazzi chiusi in riformatorio e settemila in carcere - L'alternativa del «gruppo Abele»: amicizia, rispetto, nessuna elemosina per i giovani che la società ha « bollato » Piano di rinnovo «all'Aporti e al Buon Pastore. Ottocentomila minorenni in Italia vivono abbandonati o in uno stato di semi abbandono; i tribunali esaminano ogni anno le vicende di circa 8 mila ragazzi per disporre provvedimenti rieducativi; 5 mila vengono rinchiusi in istituti di rieducazione; di 25 mila imputati per reati vari, 7 mila vanno ad affollare ogni anno le carceri minorili; altri 7 mila sono dichiarati non imputabili solo perché di età inferiore ai 14 anni.

Abbiamo visto le cause della emarginazione, del disadattamento di questi ragazzi e i motivi per i quali le carceri e gli istituti non solo non 11 rieducano ma diventano palestre di delinquenza. Strutture medievali, personale sempre Insufficiente e .per lo più impreparato, metodi basati sulla repressione, sul paternalismo, sul pietismo. Il contrario di quello che ci vorrebbe. Non stupiscono le conclusioni alle quali sono arrivati gli autori dell'Indagine su carceri e istituti di rieducazione. « L'Istituto male organizzato — hanno affermato — diventa una comunità sadica in cui l'isolamento e il condizionamento reciproco trasformano gli educatori in aguzzini e i ragazzi in belve. Ognuno sfoga sull'altro le sue forze represse: i ragazzi sugli ambienti, gli educatori sui ragazzi, il direttore sugli educatori. Manca qualsiasi collaborazione, persino la voglia di collaborare tra di loro ».

Quali le vie per uscire da questo vicolo cieco? Alcune esperienze all'estero possono suggerire delle ipotesi di lavoro. In Francia educatori e autorità stanno operando sul piano della prevenzione, convinti che è meglio prevenire che lamentarsi. Primo esperimento, in una «bidonville» della periferia parigina, un agglomerato di catapecchie, covo di miseria e di delinquenza. Furti, rapine, fatti di sangue all'ordine del giorno. Un gruppo di educatori, formato da psichiatri, assistenti sociali, ha creato un centro di prevenzione prendendosi cura di 110 famiglie con 234 bambini. Terapia del « centro »: vivere assieme al ragazzi, senza sottrarli alle loro famiglie. Risultato: in 4-5 anni la delinquenza è stata debellata, i ragazzi recuperati, l'ambiente risanato. Secondo esperimento, ancora In corso, in una regione basca.

Appena un bambino presenta qualche anormalità del carattere, di qualsiasi genere, lo si fa visitare, d'accordo con la famiglia. Tutti insieme poi studiano una soluzione, la più comune è quella di formare dei gruppi, con un massimo di 15 ragazzi, che vivono come in una famiglia, in appartamenti adatti. Qui studiano, apprendono un lavoro. I risultati hanno dato ampie soddisfazioni. E in Italia? Torino si può considerare all'avanguardia. 5 anni fa si 6 costituito in città un « gruppo Abele », formato da studenti, professionisti, genitori. Scopo: incontrare i giovani sbandati che vivono nel quartieri miseri e malfamati della città, le adolescenti irretite nel «giro» della prostituzione, i ragazzi dediti alla droga; tutta quella gente, insomma, che la società ha già « bollato » ed escluso' allontanandola senza alcuna possibilità di appello. L'attività del gruppo impegna igiovani che si sentono coinvolti dal problema di altri coetanei meno fortunati e desiderano condividere le loro difficoltà su un piano di comprensione e di rispetto, pagando di persona. Essi avvicinano ragazzi e ragazze ospiti di case di rieducazione, offrendo loro, anche quando ne escono, una amicizia concreta, — che è spesso un'utile alternativa alle amicizie alle quali erano legati in precedenza — convinti che ciò favorisca una loro presa di coscienza nel confronti della società, rifiutano ogni forma di pietismo o di paternalismo. « Non vogliamo fare l'elemosina a nessuno — dicono — neppure l'elemosina di una buona parola ». Per loro è disonesto voler segregare dal mondo i disadattati per rieducarli. Prima dt tutti è la società intera che deve essere rieducata ».

Come agiscono? Entrano nelle carceri e nelle case di rieducazione, vivono con i ragazzi, mangiano e giocano assieme. Il rapporto di amicizia continua anche quando i giovani vengono dimessi. « Fuori » si creano comunità maschili e femminili. In esse vivono ragazzi e ragazze del «gruppo Abele» a fianco di coetanei privi di appoggio e di famiglia. Si tenta di ricreare un'altra famiglia, di riscoprire valori. Problemi e tensioni si superano appoggiandosi reciprocamente. Si formano squadre di calcio, di pallavolo e di atletica leggera. La bravura non conta, interessa la partecipazione. Ad un rapinatore si affida la « cassa » del gruppo, al condannato per furto, la contabilità, gli si dà fiducia, responsabilità. Un modo tutto nuovo, per recuperare i disadattati. I risultati stanno dando ragione al « gruppo Abele )i ; 1 ragazzi che si sono inseriti nella società sono parecchi. Beninteso, vi sono stati anche i fallimenti, ma inferiori alle previsioni. Delinquenti e disadattati non si nasce, si diventa. Ma quanti « lombrosiani », che credono all'esistenza di un'eredità specifica del delitto, esistono ancora tra 1 preposti alla rieducazione minorile? Ogni intervento non può prescindere da una scrupolosa diagnosi Iniziale, dal mettere a punto le cause che stanno a monte di tanti « casi » difficili. Solo sperando in tale direzione hanno un senso 1 vari plani di intervento preannunciati dal Ministero. Gli interventi riguarderanno anche il Ferrante Aporti e il « Buon Pastore » di Torino. La ristrutturazione del Ferrante Aporti avverrà In due tempi. Il primo prevede l'ampliamento dell'attuale sezione di custodia, nuovi servizi Igienici, più agenti di custodia. Dice il dirigente Bacci: « I lavori di questa prima fase dovrebbero essere ultimati a novembre. Gli attuali 60 posti nella sezione di custodia diventeranno 90,

i ragazzi potranno vivere in condizioni più decenti. La vera ristrutturazione del Ferrante Aporti avverrà tuttavia con la seconda fase del lavori. L'attuale edificio sarà completamente abbattuto, in quest'area e in quella adiacente sorgeranno vari "monoblocchi", uno per il tribunale dei minorenni, un altro per il Centro di rieducazione, un terzo per la sezione di custodia. Sorgeranno anche nuovi impianti sportivi e una piscina. Il Ministero ha già stanziato mezzo miliardo per i lavori. Il progetto sta per essere approvato, tra un paio di anni il nuovo Ferrante Aportl potrebbe essere una realtà. La situazione dt oggi è insopportabile per noi e soprattutto per l ragazzi ». Prevista una ristrutturazione anche del « Buon Pastore », l'istituto di rieducazione per ragazze, fondato nel 1843 da Carlo Alberto. E' l'unico centro di rieducazione femminile del Piemonte e della Liguria, tutte le ragazze segnalate dai genitori o dalla polizia finiscono qui. Può ospitare una settantina di persone, è capitato che si arrivasse a 180. L'ing. Sergio Pininfarina, nel lasciare la .presidenza dell'istituto dopo 6 anni, ha annunciato di recente, in una riunione del Rotary Club, che il « Buon Pastore » avrà tra non molto un nuovo volto. Al posto dell'attuale casermone sorgeranno appartamenti, dove piccoli gruppi di ragazze vivranno in comunità assistite da educatrici. Accanto alla decina di appartamenti, due istituti per le più bisognose e una Casa della madre e del bambino per ragazze madri o gestanti. I previsti interventi per rendere adeguate le strutture del Ferrante Aporti e del Buon Pastore sono destinati a diventare dei palliativi se non si liberalizza il concetto di rieducazione, se non si « rieduca » prima la società.

La Stampa 6 maggio 1972


Google News Penitenziaria.it SEGUICI ANCHE SU GOOGLE NEWS