ATTO CAMERA
INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/00431
Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 18
Seduta di annuncio: 14 del 13/06/2018
Firmatari
Primo firmatario: LATINI GIORGIA
Gruppo: LEGA - SALVINI PREMIER
Data firma: 11/06/2018
LATINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
Innocent Oseghale, è detenuto in custodia cautelare per le accuse di vilipendio, distruzione e occultamento di cadavere, detenzione di droga a fini di spaccio, ed è sospettato anche per la violenza sessuale e per l'efferato omicidio di Pamela Mastropietro, la 18enne romana uccisa il 30 gennaio, il cui corpo fatto a pezzi fu trovato in due trolley abbandonati sul ciglio della strada tra Pollenza e Macerata;
per il procuratore di Macerata, dopo aver condotto Pamela nel suo appartamento di Macerata e averle procurato una dose di eroina, Oseghale avrebbe anche costretto la ragazza a un rapporto sessuale. Il Dna trovato sui resti di Pamela lo dimostra in maniera inequivocabile; dagli accertamenti del Ris risulta che Oseghale ha violentato Pamela, l'ha uccisa, ne ha sezionato il corpo cercando malamente di disfarsene;
la seconda autopsia ha evidenziato due ferite da coltello a fegato e tempia inferte quando Pamela era ancora in vita. Il detenuto è stato spostato di penitenziario, perché appare non opportuna la sua vicinanza ai due connazionali Desmond Lucky, e Lucky Awelima, indagati con le stesse accuse;
ad oggi, dopo la visita al carcere di Ascoli organizzata da Andrea Nobili, garante per i diritti dei detenuti, all'interrogante, presente all'incontro, è stato reso noto che il detenuto Oseghale, stia lavorando in carcere percependo, a detta del suo avvocato, una cifra di circa 50 euro al mese;
poiché risulta che Oseghale stia usufruendo della difesa di ben due avvocati, l'interrogante si chiede da chi siano pagati questi avvocati;
appare all'interrogante paradossale e non ammissibile il principio che chi è sospettato di aver commesso un reato così grave per inaudita crudeltà possa paradossalmente ricevere fondi dallo Stato anche se si trattasse di una cifra simbolica;
la Corte costituzionale afferma, in diverse statuizioni, che il lavoro penitenziario non è estraneo alla tutela offerta dagli articoli 35 e 36 della Costituzione anche se sottolinea che non si può sostenere «che tale genere di lavoro sia del tutto identico, specie per la sua origine, per le condizioni in cui si svolge, per le finalità cui è diretto e che deve raggiungere» al lavoro svolto in libertà. La peculiarità del lavoro penitenziario deriva dal fatto che esso «è parte del trattamento ed è finalizzato alla redenzione ed il riadattamento del detenuto alla vita sociale, all'acquisto o lo sviluppo dell'abitudine al lavoro e della qualificazione professionale che valgono ad agevolare il reinserimento nella vita sociale»;
il lavoro svolto alle dipendenze dell'amministrazione ha una natura ontologicamente diversa che giustifica una retribuzione inferiore: «l'amministrazione non si prefigge né utili né guadagni; si avvale di una mano d'opera disorganica, non qualificata, variabile per le punizioni ed i trasferimenti da stabilimento a stabilimento; i prodotti il più delle volte, si vendono sottocosto». Tutto questo, secondo la Corte, legittima una mercede inferiore alle retribuzioni comuni;
a dire dell'interrogante si dovrebbe sicuramente legittimare e far emergere con nettezza la visione che, in casi prestabilitasi, preveda un programma di «reintegrazione sociale» basato sulla prestazione d'attività lavorative di pubblica utilità presso l'amministrazione penitenziaria, non retribuite, che dovrebbero costituire «una sorta di risarcimento morale capace di rappresentare anche simbolicamente una compensazione per il danno sociale prodotto» –:
quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato sui fatti sopra esposti e se sia a conoscenza di chi copra i costi degli avvocati di Oseghale;
se il Ministro interrogato non ritenga di assumere iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, per stabilire il principio che il lavoro svolto alle dipendenze dell'amministrazione carceraria ha una natura ontologicamente diversa che giustifica la mancata retribuzione, anche simbolica, del lavoro svolto, quando il detenuto abbia commesso delitti efferati.
(4-00431)