Atto Senato
Interrogazione a risposta orale 3-00222
presentata da
LOREDANA DE PETRIS
giovedì 20 settembre 2018, seduta n.038
DE PETRIS, GRASSO - Ai Ministri della giustizia e della salute - Premesso che, a quanto risulta agli interroganti in data 18 settembre 2018 una detenuta del carcere romano di "Rebibbia" ha tentato di uccidere i suoi due figli: uno, un neonato di 7 mesi, è subito morto, l'altro, un bimbo di 2 anni, trasportato in codice rosso e ricoverato all'ospedale "Bambino Gesù" di Roma, non è sopravvissuto. Il Ministro della giustizia ha disposto una sospensione dalle funzioni la direttrice, la vice-direttrice e la vice comandante del carcere;
considerato che:
dopo la denuncia del Garante nazionale delle persone private della libertà il Ministro della giustizia e il capo dell'amministrazione penitenziaria hanno annunciato nel mese di agosto 2018 un'ispezione che faccia luce sui numerosi suicidi avvenuti dall'inizio dell'anno nelle carceri italiane;
i suicidi e gli omicidi in carcere non vanno genericamente strumentalizzati;
in carcere operano direttori, poliziotti penitenziari, educatori, assistenti sociali, medici, psicologi, cappellani e tante altre figure, alcune delle quali a titolo volontario: molti di loro fanno un lavoro straordinario di prevenzione quotidiana. Lo fanno nonostante turni massacranti. Un direttore spesso non è nelle condizioni di conoscere i detenuti che deve custodire in quanto è costretto a dirigere a volte anche 2-3 istituti. Da oltre 20 anni non si assumono nuovi funzionari;
sono circa 40, in Italia, i bambini che ogni anno entrano in carcere con le proprie madri;
sono passati anni dall'approvazione della legge 21 aprile 2011, n. 62, che prevede l'istituzione delle case famiglia protette e consente ai destinatari della norma di evitare l'ingresso in strutture penitenziarie, comprese quelle a custodia attenuata;
la legge stabilisce che le case famiglia protette devono essere istituite dagli enti locali e da loro finanziariamente sostenute e limita fortemente la detenzione in carcere alle detenute madri di minori, come misura a tutela della relazione madre-figlio e a salvaguardia del delicato sviluppo del bambino;
il regolamento che individua le caratteristiche tipologiche delle case famiglia protette è stato emanato dal Ministro della giustizia con decreto 8 marzo 2013;
in più occasioni il sindacato autonomo di Polizia Penitenziaria (Sappe) ha denunciato la persistenza di "drammi umani dietro le sbarre" e "la crescente tensione nelle carceri del Paese", evidenziando come i problemi sociali e umani permangono nelle carceri. Sempre il Sappe ha dichiarato che ogni 9 giorni un detenuto si uccide in cella, mentre ogni 24 ore ci sono in media 23 atti di autolesionismo e 3 suicidi in cella sventati dalle donne e dagli uomini della Polizia Penitenziaria,
si chiede di sapere:
per quali motivi non si perseguano gli obiettivi della normativa già vigente rispetto al diritto alle cure dei detenuti, troppo spesso negato dalle drammatiche condizioni delle carceri, rafforzando e riqualificando i programmi di tutela della salute mentale in carcere da parte delle Asl;
per quale motivo non si istituiscano le sezioni di osservazione psichiatrica e le previste articolazioni psichiatriche, con adeguati spazi per le attività di cura e riabilitazione;
per quali motivi non si rafforzino le misure alternative alla detenzione, tanto più per i reati minori, rispetto a persone con problemi di salute mentale, attraverso il potenziamento dei servizi di salute mentale e del welfare territoriale;
quali interventi i Ministri in indirizzo intendano mettere in campo per risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri;
se non ritengano opportuno valutare l'eventuale revoca della sospensione dal servizio del personale interessato, in attesa di ulteriori indagini.
(3-00222)