La Corte costituzionale ha accolto il ricorso contro la norma che ha introdotto l’obbligo per le forze di polizia di riferire ai superiori , per via gerarchica, le notizie riservate sulle indagini giudiziarie in corso. «Pur riconoscendo che le esigenze di coordinamento informativo sono meritevoli di tutela – hanno deciso oggi i giudici della Consulta che depositeranno nelle prossime settimane la sentenza – la Corte ha ritenuto lesiva delle attribuzioni costituzionali del pubblico ministero la specifica disciplina della trasmissione per via gerarchica delle informative di reato».
Il riferimento è all’articolo 109 della Costituzione, secondo il quale «l’autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria». In base ad esso il procuratore di Bari Giuseppe Volpe aveva presentato un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, sostenendo che la legge introdotta nel 2016, e la conseguente circolare emessa dal capo della polizia Franco Gabrielli contenente le specifiche disposizioni per la trasmissione delle notizie coperte dal segreto investigativo, invadeva il campo riservato del pubblico ministero. La Corte costituzionale gli ha dato ragione, pur sottolineando che le esigenze da cui derivava la riforma erano e restano legittime. Ora però quell’obbligo decade, almeno per la polizia di Stato. Un’altra legge che impone la stessa regola di riferire alla «scala gerarchica» le notizie di reato inoltrate e alla magistratura, ma relativa alla sola Arma dei carabinieri, resta infatti in vigore.
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